La scaletta del Tour 2023 di Bruce Springsteen, in corso di svolgimento, è stata ed è tuttora motivo di discussione tra i fan e i critici. Qualcuno si è addirittura spinto a ipotizzare uno Springsteen stanco, persino pigro. Questo perché, rispetto ai suoi tour del passato, anche tra quelli più recenti, Bruce sta presentando una scaletta costruita attorno a una serie di brani essenziali, quasi che sia stata pensata come una sorta di “concept setlist“, e su un gruppo di canzoni storiche grosso modo confermate concerto dopo concerto. Il risultato è la percezione di uno spettacolo con poche variazioni sul tema. Ne parlo più avanti, ma intanto guardiamo i numeri.

LE CANZONI DEL TOUR

Per qualche approfondimento statistico, riferito a questo tour e alle canzoni che Bruce sta proponendo, vi invito a leggere questi due miei articoli (clicca qui per le statisticheclicca qui per le canzoni). Mi preme intanto far notare che, in una scaletta definita statica, Springsteen ha già fatto girare 56 canzoni, vale a dire il doppio di una scaletta media di un suo concerto (27/28 canzoni). Questo significa che, pur avendo una scaletta dalla struttura ben definita, nel corso dei 40 concerti già tenuti tra America e Europa, in realtà Bruce ha inserito qua e là diverse novità. Certamente meno del passato, ma nemmeno così poche da far pensare a uno spettacolo con un cliché fisso, come fanno spesso i suoi colleghi. A questo bisogna aggiungere che, mentre alcuni brani occupano una stabile posizione, altri vengono spesso cambiati di posto nella setlist.

LA MEMORIA DEL PASSATO

Ma perché molti fan e critici si sono così meravigliati di questa presunta staticità, al punto da quasi disconoscere il loro beniamino o di farne calare l’apprezzamento? Molto semplice: Springsteen viene da almeno un decennio in cui i suoi spettacoli sono stati impostati su una sorta di revival. Sono diventati celebri i concerti in cui ha deciso di riproporre, nell’ambito di una setlist, tutte le canzoni di uno specifico album nell’esatto ordine di pubblicazione. Quindi ogni sera cambiava un numero molto ampio di canzoni in scaletta in base all’album che si voleva riproporre. Altrettanto famosi sono diventati i concerti-jukebox durante i quali Bruce raccoglieva richieste dal pubblico, riproponendo quelle canzoni e sciovinando una E Street Band in formato “memoria da elefante”. Questi show spettacolari sono certamente rimasti anche nella nostra di memoria.

Quanta differenza!

In quegli show Bruce aveva un preciso intento: divertirsi e divertire. Soprattutto nel The River Tour 2016 Bruce era fisicamente in una forma strabiliante, spiritualmente su di giri, nonostante qualche compagno d’avventura (Danny Federici, Terry McGovern e Clarence Clemons lo avessero già salutato per sempre). C’è di più: allora non aveva un nuovo album da presentare e nuovi messaggi da mandare. Il Tour 2023 è un’altra cosa: Bruce ha scritto due album che parlano della fine, che sia la morte fisica, la fine dei sogni o quella di una fase della vita. Del primo (Western Stars), ahimè, si è dimenticato. O almeno ha preferito non adattarlo al sound della E Street Band. Del secondo (Letter To You), nato con e per la E Street Band, sta proponendo alcuni dei passi più significativi, quelli che ci avvisano che la fine si avvicina e che bisogna ancora darsi da fare perché qualcuno si ricordi di noi.

ECCO IL CONCEPT TOUR

Per questo motivo, come ho sostenuto più approfonditamente nei miei resoconti dei concerti di Ferrara e Roma, Bruce ha impostato una scaletta che definisco “concept“. Lo scheletro è costituito da No Surrender (“non ci siamo arresi”), da un gruppo di canzoni dei primi album dalla notevole levatura rock (“bisogna ancora lottare” e “ci sappiamo ancora fare“) e dal ricordo di chi non c’è più (il trittico NightshiftLast Man StandingBackstreets). Poi inizia un blocco granitico di sue evergreen (tra la fine della prima parte e i bis), teso a ripercorrere i tratti salienti della sua immensa discografia (anche in alcuni di essi si parla di vecchiaia e di morte). Infine la chiusura è assegnata a I’ll See You In My Dreams, il ritorno sul tema dominante con un messaggio forte: “ci rivedremo, perché la morte non è la fine“. Stop! Non è limpido e trasparente come Bruce ha sempre saputo essere? E allora – chiedo – perché pretendere ancora le richieste con i cartelli o l’ultimo bis “solo per noi“?

Ultima riflessione

Bruce è stanco, invecchiato. Chi può negarlo? Eppure ci sta donando 3 ore nette di energia. Perché? Perché sta lottando, perché è un combattente. Vede uno spettro davanti a sé, sempre più vicino. E non lo vede solo perché ha 73 anni ed è rimasto l’ultimo uomo in piedi. Lo vede anche perché il demonio della depressione glielo rende ancora più nitido. E allora Bruce lotta, lotta, lotta. Ci guarda saltare e cantare davanti a lui e trova in ogni istante del concerto una forza che lui stesso temeva di aver perso. E chiede ai suoi compagni (e coetanei) della band di fare lo stesso. E in quel momento trova ancora lo stimolo di urlare in quel microfono arrivando (quasi sempre) dove quasi non pensava di poter più arrivare. Trova nelle sue dita quell’agilità sui tanti assoli che propone in questa scaletta che pensavamo fosse ormai roba d’altri tempi. Questo è il Tour 2023! Questo è Bruce Springsteen! E io continuo a riconoscerlo. Voi?

 

Dario Migliorini

 

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