Una emozionante e sentita testimonianza da parte di un amico italiano, fan di Bruce Springsteen da lunga data, che vive e lavora negli USA. Dopo tanto tempo è tornato a vedere Bruce e ci ha portato la donna che ama. Come concerto ha scelto il terzo e ultimo di quelli in programma al MetLife Stadium di East Rutherford, New Jersey. Scelta azzeccata, direi. Non solo per la stratosferica scaletta, ma anche perché Bruce ha dedicato a tutti gli innamorati presenti la splendida Jersey Girl. Ecco il suo racconto.
Madeleine ed io da Bruce
Sono passati forse 20 anni dall’ultima volta che vidi Bruce in concerto, piu di 40 dalla prima volta. L’emozione è altissima e poi per la prima volta riesco a vedere il Boss a casa sua, il MetLife Stadium, East Rutherford, New Jersey. E lo vedo accompagnato dalla donna che amo e con la quale condivido la vita, mia moglie Madeleine, al suo primo concerto di Bruce.
È una calda serata di fine estate… e già queste parole potrebbero essere l’inizio di una canzone di Bruce
Quindi in poche parole tutto è perfetto. Arriviamo presto, verso le cinque del pomeriggio, il popolo del Boss è trepidante, allegro e pronto. C’e chi è lì per la terza serata al MetLife Stadium, c’è chi sta seguendo tutte le date del Nord America. Ventenni con la bandana rossa per farsi le foto in stile Born In The USA e veterani di Bruce al loro centesimo concerto, Jersey girls and shorties.
Mi guardo in giro, mentre lo stadio si riempie e così in un lampo capisco cosa sta accadendo. Ci sono tutti: Mary, Sandy, Johnny, Slim, Tom, Rosalita, the Rangers, Magic Rat. Tutti proprio tutti qui nel suo New Jersey! Tutti, ma proprio tutti, solo 40, 50 anni dopo, alcuni con le pance, pelati, con le rughe, con make-up da restauro. Ci sono però tutti e alcuni con i loro figli, addirittura nipoti. Ci sono, ci siamo tutti, 20, 30, 40, 50 anni dopo, nati per correre ma adesso con le ginocchia che scricchiolano.
Nei volti e negli occhi i ricordi di quando il Boss ci fece scoprire chi eravamo e come avremmo dovuto condurre la nostra vita, tenendo stretti stretti amici e amori.
Il Boss a 73 anni ci ricorda che la ruota non ha ancora tantissimi giri, o meglio ci ricorda che non sappiamo quando sarà l’ultimo giro e che quindi tutti i giorni vanno vissuti bene, sempre con audacia e passione. Ce lo ricorda con una vena di malinconia, ma non con tristezza, ce lo ricorda e noi ci guardiamo. In 50.000 ci guardiamo e sorridiamo e ci si stringe un po’ la gola e tratteniamo il lacrimone che sennò ci rovina il trucco o ci fa sentire bambini in questi corpaccioni con la pancia e senza capelli.
Il Boss e’ in gran forma
vorremmo essere tutti come lui a quell’età, ma non è quello il punto. Bruce sa di avere oltre 70 anni e non li nasconde, non vuole fare il giovane. Si muove con calma, la voce ogni tanto mi fa pensare che il magone venga anche a lui, soprattutto quando canta nel New Jersey, davanti a “my people”, come dice all’inizio del concerto e quando ricorda, parlandogli come se fosse vivo, il grande Danny Federici o quando ricorda gli esordi con i Castiles. Bruce è veramente il Last Man Standing, è l’ultimo grande American storyteller, l’ultimo di una generazione nata con Elvis e i Beatles.
Il Boss ha dato un senso al tempo che è passato, non ci ha voluto far credere che si è giovani per sempre, tutte le canzoni sono suonate leggermente piu lente, gli arrangiamenti sono più morbidi e (se mai fosse possible) più romantici.
Fra le righe si capisce che ci suggerisce di “rallentare”, di vivere I momenti che abbiamo con più attenzione, con più passione. La scaletta è perfetta, mi tremano le gambe quando parte il piano di Professor Roy Bittan per l’intro di Jungleland (era il mio desiderio sentirla in New Jersey).
I boati del suo popolo fanno tremare lo stadio. Dopo quasi 3 ore siamo al finale, e così arriva anche l’ultimo suggerimento del Boss, con la canzone che chiude il concerto, quella Jersey Girl (scritta da Tom Waits) che ovviamente prende una dimensione “cosmica”, quando viene cantata al MetLife stadium in New Jersey. Ci dice “hug your honey, give her a kiss” and con la voce un po’ rotta ma confortante “’cause down the shore everything’s all right, you and your baby on a Saturday night. Nothing matters in this whole wide world, when you’re in love with a Jersey girl”.
Ma di tutto questo meraviglioso concerto il ricordo più bello sarà quello di Bruce che alla fine aspetta che tutta la band esca nel backstage e li ringrazia ed abbraccia, uno ad uno, per poi uscire anche lui, per ultimo; per così ricordarci cosa vuol dire essere un leader, essere il Boss.
Conclusioni
Per finire, devo dire che aver vissuto questo momento with MY LOVE, non ha veramente prezzo e qui il luccicone è sceso!
Grazie Bruce, da sempre e per sempre.
Paolo Albertoni
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quanto mi ha commosso questa testimonianza!!!!
però mi ha anche fatto saltare sulla sedia, perchè, vedi, c’è la stessa frase, para para, che avevo scritto io nel mio “libro” incompiuto, cominciato di getto mano mano che andavo a scoprire questa meraviglia di uomo!
copio e incollo
“Ritornando al nostro grande performer, il segreto della sua grandezza sta sicuramente nel fatto che, dai primi concerti degli anni 70 fino all’ultimo dei giorni nostri, lui ha continuato a divertirsi sul palco, non era il suo lavoro quello, era il suo hobby, il suo modo per stare insieme agli amici, migliaia di amici, non era folla piena di facce indistinte, c’era John davanti a lui, Rosalita, Jimmy, Sherry, Terry, Magic Rat, Sandy, Wayne, Mary, e ognuno di loro è lì per sentire la sua storia, è lì per cantarla insieme agli altri.
E’ un rito che si consuma solo ai suoi concerti, perché è lui il primo a crederci, e non ha smesso di crederci in tutti questi anni, e non si è stancato di officiarlo anche quando le forze della giovinezza sono andate scemando”
che ne pensi? non è una cosa straordinaria? vuol dire che davvero noi popolo di bruce siamo un’unica anima, un unico sentire, un unico cuore!
Anna Maria, è davvero straordinario tutto questo. Anche perché non penso che tu e Paolo Albertoni dagi USA vi siate messi d’accordo. (-:
E’ il senso di comunità che si è creato intorno a un uomo tanto straordinario quanto uno di noi. Qualcuno lo accusa di essersi allontanato, forse a causa anche di alcune scelte (vedi l’adesione in America al dynamic pricing o l’amicizia con un Presidente USA). Ma quando sale sul palco ci fa capire che ha ancora qualcosa da dirci, qualcosa che ci unisce, non ultimi gli elementi così umani della vecchiaia e della morte. Penso che anche il suo modo di condurre la sua vita, di educare i suoi figli, di condurre il suo matrimonio, di presentarci la sua malattia e le sue debolezze, facciano parte di questo.