Bruce Springsteen, perchè lo chiamano Boss?
Anni fa, durante un concerto a Boston, Bruce Springsteen inaugurò uno sketch esilarante con Steve Van Zandt durante Tenth Avenue Freeze-Out. Bruce chiedeva insistentemente a Steve che ora fosse, lasciando intendere che fosse il momento di chiudere il concerto e andare a casa. All’ultimo what time is it? di Bruce, Steve rispose it’s Boss time, giocando sull’assonanza tra boss-time e Boston. A quel punto il concerto riprese fino al gran finale. Al di là del successo di questo siparietto, che infatti Bruce mantenne anche nei tour successivi e per location diverse da Boston, esso divenne in qualche modo anche l’implicita conferma che Springsteen avesse accettato l’appellativo The Boss e anzi, ci scherzasse sopra.
The Boss: cosa ne pensava Bruce?
In realtà Springsteen non aveva mai amato quel soprannome. Sapeva di avere un’indole autorevole e di guida, che gli veniva riconosciuta da tutti (band, pubblico, media), ma per carattere non amava essere visto come il capo, la persona autoritaria che comanda. Per questo aveva più volte espresso la sua contrarietà a quel nomignolo. È emblematico che, quando negli anni ’70 e ’80 eseguiva dal vivo Rosalita (Come Out Tonight), quando il testo della canzone recitava “Non devi chiamarmi tenente, Rosie, e non voglio essere tuo figlio“, lui sostituiva il verso con “Non devi chiamarmi tenente, Rosie, e non chiamarmi Boss“. Quasi che Bruce volesse rimarcare la sua distanza da quel soprannome. C’è anche un mio pensiero personale, non suffragato da dichiarazioni o testi biografici, ma ipotizzo che Bruce non amasse l’appellativo The Boss anche perché, associato a un italo-americano, avrebbe potuto generare l’equivoco con la figura del boss mafioso.
Ma perché lo chiamano Boss?
Da dove viene, dunque, l’appellativo The Boss per Bruce Springsteen? L’origine è tutt’altro che recente e, al contrario di quanto si creda, risale a molto prima di quando Bruce divenne celebre nel mondo con l’album Born In The USA, apparendo in pubblico muscoloso e imponente, quasi che fosse un autorevole condottiero. Infatti, già nei primi anni ’70, quando Springsteen era agli albori della sua cinquantennale carriera, furono i compagni della band (si dice lo stesso Steve Van Zandt, che allora già frequentava Bruce, pur non rientrando nella sua formazione) a chiamarlo The Boss perché lui, nella sua maniacalità di avere tutto sotto controllo, faceva anche da contabile per la band. Raccoglieva i soldi, li divideva, teneva i conti comuni e gestiva le spese proprio come il capo di una piccola attività. Qualcuno addirittura racconta che Bruce assumeva quello stesso ruolo anche prima, quando in compagnia degli amici giocava a Monopoli o altri giochi in scatola ad Asbury Park. Lui teneva le redini del gioco, distribuiva carte e soldi, regolava i movimenti degli altri giocatori. Il biografo Peter Carlin ha persino scritto che sia stato Bruce stesso ad autoproclamarsi The Boss, ma lo fece in reazione a un altro soprannome che gli era stato affibbiato e che gli andava ancora peggio di questo: Gut Bomb King, letteralmente il Re delle Bombe Intestinali, perché era Bruce a portare spesso in compagnia bombi e caramelle per tutti.
Il Boss… e basta!
Dunque questa sembra essere l’origine di quel soprannome. Ma negli anni successivi Steve Van Zandt ne rafforzò il senso per sottolineare il carisma, l’autorevolezza, oltre che il talento, di Bruce Springsteen. Bruce scriveva la musica e i testi, arrangiava le canzoni, produceva gli album e faceva persino il coach, il motivatore dei suoi compagni di band, spronandoli a dare sempre il massimo sul palco. Quando poi l’uso di quell’appellativo arrivò ai media, il “danno” era fatto. Bruce era ormai The Boss per tutti. Il ruolo centrale di Steve Van Zandt si collegava alla loro grande amicizia. Steve, uomo tutt’altro che dimesso e propenso al compromesso, capì che Bruce aveva un talento così straordinario che avrebbe dovuto solo seguirlo, magari consigliandolo, ma mai mettendosi di traverso. In una celebre intervista degli anni ’80, quando gli chiesero di Bruce, Steve rispose: “Lui è così bravo… che vorresti picchiarlo!”
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mi sono ritrovata nei miei appunti questo commento, ero convinta di averlo mandato.
te lo mando adesso
ho letto molte teorie sul soprannome di boss, tante ricostruzioni a volte fantasiose, a volte spacciate per verità da chi c’era, a volte romanzate, ma credo che la realtà sia molto più semplice.
come ho detto spesso ho parenti in america e guarda caso a due passi da bruce, a providence nel rhode island. per loro il boss non è un simpatico soprannome, ma solo l’appellativo con cui viene chiamato normalmente il datore di lavoro, come noi diciamo capoufficio, padrone. non c’è dietro nessuna connotazione negativa, ammiccante. quando raccontavano le loro vicende lo dicevano tranquillamente “il boss mi paga tot”. “il boss è bravo e mi vuole bene”. “il boss è un son of a bitch”
Interessante, Anna Maria. Alla fine penso che sia stata una trovata di quel mattacchione di Steve. Ci scherzano ancora adesso, ma Bruce allora non voleva che lo chiamassero così. Ma dal punto di vista del successo mediatico, quel nomignolo gli ha portato fortuna