Ognuno di noi può raccontare di esperienze nella scrittura. La nostra vita ne è costellata. Sei ancora molto piccolo quando chi sta contribuendo al tuo sviluppo di essere umano ti mette in mano una matita, una penna biro o un pennarello e ti chiede di imparare a scrivere. Così inizi dall’alfabeto e dai numeri. Sperimenti le tue prime esperienze nella scrittura quando da poco hai imparato a camminare. Ognuno di noi può raccontare, anche con l’ausilio dei nostri primi fogli pasticciati, di quando abbiamo imparato a scrivere. Poi vai a scuola e la maestra ti chiede di mettere nero su bianco i tuoi primi pensierini e i tuoi primi temi. Con essi non solo impari a declinare ciò che hai imparato della grammatica, ma soprattutto apprendi come esternare i tuoi pensieri in qualcosa di strutturato. Le tue esperienze nella scrittura diventano così qualcosa di più complesso: iniziano a raccontare la tua vita.
L’IMPORTANZA DI ESPRIMERE TE STESSO
Siamo tutti piccoli mondi, che si strutturano pian piano, anno dopo anno, con le nostre esperienze di vita. Ognuno di noi si forma in modo da diventare qualcosa di diverso da ogni altro essere umano. Contribuiscono certamente la nostra genetica, il nostro carattere, ma anche la nostra socialità. Quest’ultima comprende la famiglia, in primis, e poi tutte le persone che nel corso degli anni entrano nella nostra vita a influenzare il nostro vissuto e a contribuire a formare la nostra personalità. Mattone dopo mattone diventiamo persone uniche. Questa unicità può rimanere inespressa e sarebbe un vero peccato. Oppure può essere espressa in mille modi: con il comportamento, con le scelte, con le azioni. Ci esprimiamo anche facendo sport o altre attività di socializzazione. Ci esprimiamo ancora di più, e in questo incrementiamo ulteriormente la nostra unicità, sviluppando forme più complesse di espressione: l’arte, la musica, la scrittura.
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Sfuggiamo all’omologazione
Le esperienze nella scrittura – dicevamo – sono parte di quel bagaglio personale che ti rende unico. I tuoi fattori peculiari devono essere esternati per due motivi. In primo luogo perché c’è una persona importante che devi convincere pienamente della tua unicità: te stesso. A volte non sei consapevole dei tuoi talenti, li ignori proprio. Altre volte senti di avere quelle peculiarità, ma le sottovaluti e, dunque, le tieni nascoste. Non esteriorizzandole nel mondo che ti circonda, ti manca il termine di confronto. E qui vengo al secondo motivo. A volte confondiamo la peculiarità con la diversità. Ci fa paura esprimerci perché uscire allo scoperto significa anche esporre qualcosa che ci differenzia dagli altri. Cresce a volte, fin dalla fanciullezza o dall’adolescenza, la paura di essere visti come diversi, come pecore fuori dal gregge. Esprimere le proprie peculiarità diventa un peso da reggere. Così, per timore o per pigrizia, ci omologhiamo agli altri.
CARO MONDO, MI PRESENTO
L’omologazione è anche un valore: ti consente di camminare entro un tracciato comune ad altre persone. Se con una comitiva fai una passeggiata in montagna, omologarti al comportamento comune – stare ordinati in fila, seguire le indicazioni, osservare il comportamento degli altri – ti consente di fare parte di una comunità, oltre che di non correre pericoli. Ma l’omologazione diventa un disvalore se veniamo percepiti come copie l’uno dell’altro, con comportamenti e pensieri univoci. Sarebbe come mettere una maschera al nostro cervello e alla nostra anima. Le esperienze nella scrittura, così come nell’arte, nella musica, nel mestiere, anche nell’attività fisica, sono le modalità principali con cui ci togliamo quella maschera e mostriamo al mondo chi siamo davvero. Scrivere è uno dei modi con cui non solo lasci che gli altri ti conoscano, ma realizzi anche pienamente te stesso. Sei tu, non sei uno dei tanti.
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Le mie esperienze nella scrittura
Ho giocato a calcio e a una manciata di altri sport. Ho corso 11 maratone e decine di altre corse agonistiche. Anche se ormai ho un po’ perso la manualità, ho imparato a suonare quattro strumenti: il pianoforte, la chitarra, il basso, l’armonica a bocca. Ho anche suonato in alcune cover band. Ho una grandissima passione per la geografia. E poi scrivo… Al di là delle occasioni più “obbligate” (i temi in classe, le comunicazioni lavorative), fin da ragazzo ho scritto articoli per giornali locali, reportage sui concerti, poi due biografie di personaggi locali, recensioni sulla musica e… un romanzo. Sì, un romanzo, Coupe DeVille (o Coupe De Ville, come a volte viene indicato in rete). Una delle più complesse forme di espressione artistica. Te lo dico per incensarmi? No… anche perché in molto di quello che ho fatto ero di ben scarso talento. Ma te lo dico perché oggi chi mi conosce sa chi sono, mi distingue. Non mi confonde, non mi mette nel mucchio, come si dice in gergo. Per me era importante. Per te?
Tira tu le conclusioni…
- Hai mai pensato di iniziare a scrivere un libro? Oppure qualcosa di personale… un diario, un racconto, un pensiero
- Cosa ne pensi degli aspetti di cui ho scritto sopra, in particolare dell’omologazione e della distinzione?
- Hai mai sentito parlare di scrittura creativa?
- Hai già letto Coupe DeVille? In caso affermativo, perché non eserciti una possibile esperienza di scrittura e scrivi una recensione sul mio sito? Fallo cliccando qui…
Esprimere se stessi è segno di vitalità e di distinzione. Fallo anche tu e commenta qui.
ciao dario, sorpresa! ma lo sai cosa ho ritrovato frugando per casa alla ricerca di un documento importante? le mie prime esperienze nella scrittura!
va beh, scrittura è una parola grossa!
comunque, erano gli ultimi due anni di liceo, anni 68 e 69 e da questi numeretti già puoi cominciare a capire dove si andrà a parare.
erano tempi di grandi fermenti e avevamo tutti la percezione precisa che la storia stava passando davanti ai nostri occhi.
in quei giorni, oltre ai fermenti rivoluzionari, mi trovavo anche alle prese con il mio primo amore.
quindi ero piena di tanta roba che mi urgeva tirare fuori in qualche modo.
ho cominciato così a scrivere un piccolo diario adolescenziale dove raccontavo questi avvenimenti che si intrecciavano nella mia vita. e come poi sarà caratteristica di tutta la mia scrittura futura, non riuscivo mai a fare discorsi epici, grandi elucubrazioni filosofiche, ma si risolveva tutto in uno stile goliardico, ironico se non addirittura comico.
e visto che sull’onda della contestazione si erano allentate non solo le regole ferree che regolavano i comportamenti degli studenti, ma anche i nostri freni inibitori, nelle classi succedeva di tutto, scherzi, goliardate varie, mancanze di rispetto verso i professori. quindi è stato terreno fertile per il mio stile di scrittura, e alla fine quelle paginette si sono riempite più di scene comiche che di grandi battaglie.
calcola che eravamo la generazione cresciuta ad “alto gradimento” quel meraviglioso programma cult che ha formato legioni di spiriti demenziali, altro che la comicità fasulla delle reti mediaset prossime venture!
me lo sono riletto con una certa fatica, ho una scrittura geroglifica, oltre a una costruzione molto tormentata delle frasi, non è facile orizzontarmi tra note, asterischi, inserti. però mi sono divertita parecchio, specie rileggendo le gesta di un tal Panizza Mario, che qualche anno fa mi sono ritrovata con sorpresa addirittura rettore della terza università a roma!
beh, non ho resistito. sono andata sul suo sito e ho trovato la sua emai. gli ho scritto!!! “ti ricordi quel giorno di carnevale quando qualcuno aveva portato una torta alla panna, che era andata a male e ci siamo divertiti a tirarcela addosso?”
non mi ha risposto.
ho ritrovato anche il testo di una poesiola per lui scritta alla lavagna “panizza mario è socialproletario, sò due anni che non va più in chiesa e s’è inc… maria teresa”
ecco, questo è per conoscere il lato nascosto di quegli anni eroici.
Anna Maria, ma sto Panizza dobbiamo andare a scovarlo. Eh, no! Non può pensare di farla franca. Va bene imborghesirsi e tirarsela un po’ perchè sei diventato importante, ma così non va bene. Beh, sai cosa ti dico? SPero che almeno quella e-mail l’abbia letta, perché una piccola fitta al cuore l’avrà provata. In generale ti posso dire che, considerando lo 0 al quadrato che è seguito a quella grande rivoluzione culturale, ad arrivare ai giorni nostri, avrei tanto voluto vivere quei tempi. Vorrei che si ripresentassero oggi, magari per fermare la barbarie della globalizzazione senza freni, quella dove stanno guadagnando solo i super ricchi, che lo diventano sempre più, impoverendo tutti gli altri.