Sai cosa disse John Lennon nel 1980, poco prima di essere assassinato a New York? Folgorato dall’ascolto di Hungry Heart, sesta traccia del doppio disco The River, pubblicato proprio quell’anno da Bruce Springsteen, Lennon la definì uno dei migliori pezzi pop dai tempi dei Beatles. Si narra anche, ma potrebbe essere leggenda, che il titolo fu suggerito a Springsteen niente meno che da un verso dell’Ulysses di Tennyson: “for always roaming with a hungry heart”. Di certo c’è che Hungry Heart fu il primo singolo di successo commerciale di Springsteen e lo rimase fino al 1984-85, biennio in cui vennero lanciati ben sette singoli estratti dal blockbuster Born In The USA. La valenza pop riconosciutagli da Lennon non fu fuori luogo. Questa canzone è diventata Disco d’Oro e Disco di Platino e ha fatto ballare e cantare tanta gente, non solo nella sua versione originale in studio, ma soprattutto nelle centinaia di volte che Springsteen l’ha eseguita dal vivo.

UN FIUME CHE DEVIA IL SUO CORSO

La peculiare essenza di un singolo dal successo commerciale come Hungry Heart si lega molto all’aspetto musicale, ma di questo parlerò più avanti. L’altro lato di peculiarità, che rende la canzone perfino essenziale nella narrativa di Bruce Springsteen, è il suo testo. Infatti Hungry Heart, a dispetto del suo motivo musicale facile all’orecchio, trasporta un significato tutt’altro che allegro. E men che meno banale. Questo brano racconta una piccola storia di amore infranto, di una famiglia che si spezza, di un uomo che perde la retta via e si lascia trasportare dal fiume in piena che è la natura umana. Un fiume che nel suo corso crea anse e rivoli, secche e inondazioni. Un fiume che, nei momenti di maggiore agitazione, travolge tutto quello che trova sulla sua strada, irrefrenabile. Come succede al protagonista della canzone.

LEGGI ANCHE: TWO HEARTS

 

L’implacabile fame del cuore

Il protagonista di Hungry Heart (leggi la traduzioni qui) è un uomo che, a causa del suo cuore affamato, esce a fare un giro e non torna più a casa dalla sua famiglia. Un uomo che si innamora di una donna, pur sapendo che la cosa non sarebbe durata. Nonostante un destino già scritto, lui mette in quella storia tutto ciò ha, per poi rimanere solo. Sapeva che sarebbe finita così, eppure lo ha fatto lo stesso. Perché? Springsteen canta che abbiamo tutti un cuore affamato. Una fame che può avere un risvolto positivo nella ricerca di nuove emozioni, ma può trasformarsi nella bramosia che ci spinge a cercare a tutti i costi qualcosa di più, qualcosa di diverso. Quel desiderio, quasi una necessità, spesso ci fa apparire ciò che desideriamo migliore di quello che già possediamo. Poi, a un certo punto, il nostro fiume interiore ritrova la pace, le acque si placano. È il momento in cui bisogna tirare i remi in barca e fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni.

Una verità scomoda

L’essere umano e, ancora di più, l’uomo che gira il mondo di città in città, ha il bisogno di movimento, di scoperta, di novità, di nuova socialità. Ma in ogni essere umano, anche in chi è più avventuroso, emerge presto o tardi una verità magari scomoda, ma incontestabile: la necessità, persino il desiderio, di una casa e di una compagnia. L’ultima strofa di Hungry Heart diventa non solo un must know per gli ammiratori di ogni epoca, ma anche un pilastro della lirica springsteeniana. Ogni parola di quella strofa ha la sua perfetta collocazione. In particolare è il terzo verso a pesare come un macigno e a spostare gli equilibri: “Non fa differenza che nessuno lo dica”. Springsteen trova il coraggio di rompere quel muro di ipocrisia che ci vorrebbe, come esseri umani, capaci di vivere da soli, senza bisogno di affetti e di un focolare domestico. Un’ipocrisia che ha toccato non poco anche il mondo del rock. Ma Springsteen ci dichiara fermamente: “Non importa che non lo si ammetta, a nessuno piace stare solo”.

Un pilastro in The River

Così l’apparentemente scanzonata e leggera Hungry Heart diventa, soprattutto con quell’ultima strofa, un manifesto del vivere di coppia e in una famiglia, delle relazioni umane e della necessità naturale di convivenza, della socialità anche nel luogo più ristretto in cui viviamo, la casa. In qualche modo Hungry Heart non è solo il primo singolo di successo, ma è anche la lapidaria risposta a tutto ciò che Springsteen ci presenta nel doppio disco The River. Coppie che si dividono, persone che se ne vanno, gente che resta sola. Alla fine sta bene chi ha un/una partner da cullare nel letto. Come l’uomo che assiste all’incidente nell’ultima canzone del disco, Wreck On The Highway. Lui torna a casa ferito nell’animo per la tragedia a cui ha assistito, ma trova la sua ragazza nel letto e la abbraccia forte, rimanendo sveglio ad accudirla per tutta la notte. Oppure il ragazzo di Drive All Night, che sconfigge un destino da angelo caduto guidando nella notte con la sua ragazza di fianco.

Fino a Western Stars

Quanti legami tra Hungry Heart e i temi del più recente Western Stars, nonostante ci siano circa quarant’anni tra i due dischi. La fame di movimento e la solitudine riportano a Hello Sunshine. Si può tracciare un interessante parallelo anche tra il protagonista di Hungry Heart e quello di Moonlight Motel. Entrambi hanno avuto un legame intenso ma fugace con una donna. Il primo sapeva che sarebbe finita, il secondo visse una relazione che durò il tempo di una canzone estiva. Alla fine il primo si ritrova solo al bar di Kingstown dove si erano conosciuti, il secondo nel motel, ormai decrepito, dove avevano sfogato la loro passione. Ecco… tutti abbiamo un cuore affamato e ne paghiamo le conseguenze.

LEGGI ANCHE: JACKSON CAGE

UN’ECCEZIONE ANCHE MUSICALE

Come ho già sottolineato, Hungry Heart è un singolo pop sui generis. Sul lato musicale, mentre in quel primo scorcio di anni ’80 stavano raggiungendo la massima diffusione l’uso dell’elettronica nel pop e la musica dance, la canzone si presentò come un pezzo retrò. Il sound ha tutto della E Street Band: pianoforte, organo hammond, chitarre e sax, oltre ovviamente alla base ritmica. Arrangiamenti strumentali che richiamano quelli di Tenth Avenue Freeze-Out, una sorta di sorella maggiore. Come quest’ultima, anche Hungry Heart guarda più indietro che avanti, rifacendosi a quel pop leggero degli anni ‘50, con un accattivante riff di pianoforte e piacevoli coretti vocali che richiamano le canzoni ballabili di quel periodo. È quindi paradossale che uno dei singoli di successo che dava il benvenuto al decennio universalmente noto per il pop elettronico sia stato un brano con le sonorità tipiche di un quarto di secolo prima. Peraltro, allo scopo di avere una voce meno roca e più rispondente alle voci dei cantanti pop degli anni ‘50, Springsteen fece aumentare i giri della registrazione della sua performance vocale, ottenendo così un timbro più acuto e pulito. Questo aspetto rende il brano ancora più di appeal dal punto di vista commerciale, ma accentua ulteriormente il contrasto con la drammaticità del testo. Quasi sorprende che chi canta nel medesimo disco Hungry Heart e Drive All Night sia la stessa persona.

Il pubblica canta

Hungry Heart è divenuta nel tempo uno dei momenti clou nelle esibizioni dal vivo. Springsteen adottò la consuetudine, poi mantenuta nel tempo lungo i diversi tour, di far cantare la prima strofa e il primo ritornello al pubblico, come avviene in modo esemplificativo nella versione inclusa nel cofanetto Live 75-85. Come spesso succede con Springsteen, anche questo pezzo acquisì dal vivo maggiore potenza rock e la voce robusta di Bruce, ben diversa da quella della versione in studio, contribuì all’effetto. Le versioni live sono spesso caratterizzate anche dal prolungamento del finale con un’interminabile coda di botte e risposte con i fan e da un poderoso assolo di sassofono.

Tira tu le conclusioni…

  • Sei d’accordo con quello che sostenne John Lennon, mitico frontman dei Beatles e autore, tra le altre, della celebre Imagine?
  • Perché a volte andiamo incontro a errori e rischi per la fame di avere qualcosa di più o semplicemente qualcos’altro?
  • Non importa che non lo si ammetta, a nessuno piace stare solo”… cosa ne pensi di questo verso?
  • Sai che i versi della terza strofa di Hungry Heart sono riportati nell’introduzione del mio romanzo, Coupe DeVille? Lo hai già letto? Vuoi saperne di più? Clicca qui.

 

Esprimere se stessi è segno di vitalità e di distinzione. Fallo anche tu e commenta qui.

 

Dario Migliorini

 

Condividi questo articolo