IL MIO PRIMO CONCERTO DI BRUCE SPRINGSTEEN

Torino, 11 giugno 1988: un momento fondamentale della mia vita. Il mio primo concerto di Bruce Springsteen si tenne quella sera. Per motivi anagrafici appartenevo a quella schiera di appassionati che rimasero folgorati dall’album Born In The USA. Lo storico concerto di Milano del 21 giugno 1985 avrebbe potuto essere il mio primo concerto di Bruce Springsteen ma avevo solo tredici anni e, per quanto fossi già stato colpito dalla freccia del Cupido springsteeniano, non avrei mai ottenuto il permesso dai miei genitori. A sedici anni, invece, non potevano dirmi di no. Ma non l’hanno nemmeno pensato: sapevano quanto fosse importante per noi. Uso il plurale perché, insieme a me, c’era mio fratello Paolo, di un anno più giovane. Così quella mattina, all’alba, mamma ci accompagnò alla stazione per prendere il treno per Torino. Con noi un altro amico. Il mio primo concerto di Bruce Springsteen iniziò già in quei momenti.

L’attesa del concerto

Ricordo quanta agitazione sul treno. Era il nostro primo viaggio in autonomia e avveniva nell’occasione più elettrizzante che potesse capitarci. All’arrivo a Torino camminammo a lungo per raggiungere il vecchio Stadio Comunale, allora unico stadio della città, in cui giocavano sia il Torino sia la mia Juventus. Giunti ai cancelli, trovammo una discreta folla già in fila. Guardai l’orologio: erano solo le 8.30 del mattino. “Dio mio – pensai – manca ancora un intero giro di orologio all’inizio del concerto.” Gli zaini erano riforniti di cibo e acqua, ma non erano la fame e la sete a preoccuparci, quanto il caldo torrido di quella tarda primavera. L’essere accalcati lungo le transenne di accesso allo stadio, ovviamente, non aiutava. Eppure il tempo passò veloce, tra le chiacchiere con gli altri fan e la sorpresa di vedere persone di ogni età e di ogni provenienza, unite nell’amore per la musica di Bruce.

Nelle prime file del concerto di Bruce Springsteen

I cancelli dello stadio che stava per accogliere il mio primo concerto di Bruce Springsteen (e il primo del leg europeo del Tunnel Of Love Express Tour) aprirono alle 16 in punto. Eravamo inesperti di quelle situazioni, non sapevamo cosa bisognasse fare. Osservammo gli altri e capimmo che bisognava correre veloci come gazzelle per piazzarsi più vicini al palco che si potesse. Allora non c’era il pit, né la distribuzione dei braccialetti che davano la priorità di accesso. Riuscimmo a stare uniti e ci ritrovammo a pochi metri dal palco, pigiati come sardine. I primi momenti furono di puro terrore. Man mano che le orde di persone accorrevano, la pressione della folla si faceva sempre più forte. Dovemmo tenerci per mano e sgomitare non poco per non perderci e finire calpestati. Poi pian piano tutto si calmò e, stabiliti gli spazi di ognuno, potemmo addirittura sederci sul prato. Mancavano ancora quattro ore all’inizio del concerto.

Arriva Bruce Springsteen

Ore che passarono nella fibrillazione dell’attesa e nella condivisione delle emozioni. Fino a che, al momento fatidico, capimmo che Bruce e la E Street Band stavano per salire sul palco. Sentimmo il suolo vibrare come se colpito da scosse di terremoto, ci alzammo tutti e ci ritrovammo in pochi attimi schiacciati dalla folla, mentre Bruce, in una clamorosa e inattesa giacca fucsia, fece il suo ingresso sul palco. Tutti i ragazzi della band erano eleganti, normalmente solo Clarence Clemons lo era. Notammo subito anche che Patti Scialfa, da corista defilata, era stata “promossa” alla frontline, vestita sexy come non era mai stata durante il Born In The USA Tour. Era una conferma, insieme agli sguardi tra di loro, delle notizie alimentate in quei giorni dal gossip: tra Bruce e Patti era successo qualcosa. Infine avemmo la conferma di una notizia già trapelata e molto interessante: il tour prevedeva la presenza di una sezione fiati.

Inizia il concerto

Le prime note introdussero Tunnel Of Love, la title track del nuovo album. Una strana sensazione: un brano così pop sull’album acquisiva una diversa potenza dal vivo, grazie anche ai decibel e al rinforzo della sezione fiati. La mia relativa impreparazione di allora in tema musicale non mi fece riconoscere i due brani successivi: Boom Boom di John Lee Hooker e Be True dello stesso Bruce. Mi resi conto di essere ancora un ragazzino che aveva tanto da scoprire. Di Bruce nel giro di tre anni avevo assorbito gran parte della discografia, tornando indietro da Born In The USA fino ai primi album. Tanto mi si era spalancato anche con l’ascolto del cofanetto Live 1975-85. Eppure dovevo prendere atto che non conoscevo ancora nulla. Be True, ad esempio, essendo una b-side, sfuggiva al mio catalogo. Non sarebbero state le uniche sorprese per me: più avanti arriveranno anche I’m A Coward, Light Of Day, Have Love Will Travel e Sweet Soul Music, canzoni che bellamente ignoravo.

In 65 mila a Torino per Bruce Springsteen

Fu un divertimento assoluto, almeno finché potemmo assistere al concerto senza percepire un senso di pericolo. Non ancora avvezzi a quel tipo di situazioni, man mano che la scaletta progrediva, ci ritrovammo più di una volta sollevati dalla massa di gente. Ci furono momenti in cui, sopraffatti dalle onde di folla che si spostavano in ogni direzione, ci ritrovammo con i piedi sollevati da terra, spostati da quello spaventoso movimento tellurico. Fu davvero strana quella sensazione: euforia mista a paura, voglia di essere lì mista al senso di pericolo per la nostra stessa incolumità. Prima di noi, vedemmo tanta gente arrendersi, facendosi sollevare sopra le teste delle persone e accompagnare dal personale di servizio fuori dalla bolgia.

Canzoni nuove e classiche

Per tutta la prima parte del concerto si sono alternate le nuove canzoni di Tunnel Of Love e i brani storici, a cominciare da quelli estratti da Born In The USA per tornare indietro ai classici. Una potente Adam Raised A Cain, le bellissime Brilliant Disguise e Tougher Than The Rest (quest’ultima con una resa strepitosa, più lenta e solenne e con una sezione fiati da paura), il sorprendente medley tra Ain’t Got You e She’s The One (non sono un fan della prima, ma in quella versione live era decisamente meglio). Ricordo quanto fui colpito dal “trittico dell’amore” formato da I’m On Fire, One Step Up e Because The Night. Momenti intimi anche nel mio cuore, mentre Bruce parlava a ognuno di noi. La splendida Backstreets è stata l’ultima canzone che ho sentito vicino al palco. Il movimento naturale della massa e l’assenza dei tanti che si erano defilati nelle retrovie, ci aveva portato ormai a ridosso della primissima fila.

Bruce a un passo

L’amico che era rimasto con noi si era già arreso, ora toccava a me. Quando iniziò Dancing In The Dark la situazione si fece insostenibile: caldo soffocante, gomitate, spaventose folate di folla. Non ce la facevo più. Mio fratello mi sollevò sopra le teste. Fu una situazione molto strana: là sopra, fuori dal calore delle migliaia di corpi, sentii per la prima volta dopo ore l’aria fresca della serata torinese. Mi sembrò di rinascere. In pochi secondi passai oltre le transenne verso il palco. Mentre gli uomini del servizio d’ordine mi prelevavano per rimandarmi nella zona del pubblico a lato, per un attimo mi voltai verso il palco. Bruce era lì a pochi metri e Clarence proprio sopra di me. Erano ormai la mia fede ed erano lì, così vicini. Pensai a quelli che provano a salire sul palco ad abbracciare Bruce, sapendo che, con tutta probabilità, gli sarebbe andata male e avrebbero preso pure un sacco di botte.

Ora si balla

Sfinito ma anche rigenerato da quel carico di ossigeno, mi ritrovai ai margini della bolgia, a circa trenta metri dal palco. Raggiunsi il mio amico e poco dopo arrivò anche mio fratello. Ora vedevamo il palco nella sua interezza. Springsteen e la band avevano ormai abbandonato giacche e camicie ed erano tornati gli artigiani del rock che tutti conoscevamo. Gustammo insieme la parte più coinvolgente dello show, quella di una sequenza da paura formata da Light Of Day, Born To Run, Hungry Heart e Glory Days, potendo finalmente ascoltare, ballare, cantare e vedere liberamente le follie che Bruce stava compiendo sul palco. Per quanto non sia pentito di aver vissuto quell’esperienza dalle prime file, in quel momento pensai che avrei preferito assistere ai concerti in una situazione più agevole, privilegiando l’ascolto e la vista, per godere meglio delle emozioni. In realtà, per fortuna, i tour più recenti non hanno più conosciuto livelli così alti di pericolo, grazie all’arrivo del Pit, e quindi sono spesso tornato ad ascoltare i concerti nelle prime file.

Ritorna Twist&Shout

Dopo la goliardica Tenth Avenue Freeze-Out e le esaltanti cover di Sweet Soul Music e Raise Your Hand (le mani erano davvero tutte alzate!!), Bruce chiuse omaggiandoci di un remake. Chi non aveva assistito al concerto di San Siro ‘85 aveva comunque nelle orecchie i bootleg che circolavano di quel mitico show. Tutti sapevamo cosa aveva rappresentato quel finale con Twist&Shout dei Beatles, in una lunghissima versione in stile La Bamba. Fu proprio quella canzone che Bruce ripropose come ultimo bis, dopo quasi quattro ore di concerto. Lui sfinito, noi anche. Ma l’ultima goccia di sudore fu spesa in quei fuochi d’artificio musicali. Twist&Shout era ormai diventata la cover delle cover. Soprattutto era diventata il bis per eccellenza per il popolo springsteeniano italiano.

NOTTE DI MAGIA

Ricordo bene la fine del concerto: le luci che si spegnevano, la musichetta di sottofondo a un volume così basso che prevaleva nettamente il fischio nell’orecchio dopo quattro ore di decibel sparati a paletta. Poi l’uscita dallo stadio, mentre noi, come tutti gli altri, ci raccontavamo quello che ci era piaciuto di più, quei momenti di pura follia in cui abbiamo lottato come gladiatori contro il fiume di carne umana che ci scaraventava da una parte e dall’altra. La consapevolezza di aver assistito a qualcosa di davvero speciale. Di unico! Allora non potevo saperlo ma quell’esperienza si sarebbe ripetuta tante altre volte, sempre con un lato di magia, sempre con quella fede incrollabile per Bruce Springsteen. Al ritorno a casa ricordo che mia madre ci chiese di raccontarle le sensazioni ed ebbe la sensazione che non fossimo soddisfatti. Mamma, eravamo stravolti! Quello che avevamo provato era difficile da raccontare, ma era tutto custodito saldamente nel cuore.

Curiosità

Al vecchio Stadio Comunale di Torino, nel frattempo diventato Stadio Olimpico, dopo tanti altri concerti nel mezzo, tornai a vedere Bruce Springsteen nel 2009. Era il 21 luglio ed era in programma la seconda delle tre date italiane del Working On A Dream Tour. Ci andai con una compagnia speciale: i miei fratelli. Sono il primo di quattro e ognuno di noi, seppur con intensità e approccio diversi, è fan di Bruce. Sarebbe successo un’altra volta di andare allo stadio insieme a vederlo, ma quella volta a San Siro saremmo finiti sparsi sulle tribune, accompagnati da fidanzate, amici e nipotini. A Torino 2009, invece, eravamo solo noi quattro, sul prato, in posizione piuttosto avanzata, anche se non nelle primissime file. Fu bellissimo: io il filosofo, Paolo lo stakanovista, Damiano il bodyguard e Miriam la sognatrice. Ognuno a vivere quella passione e a condividerla, mano nella mano. Ci sarebbe rimasto per sempre quel ricordo indelebile di un’esperienza comune, come quando da piccoli saltavamo sui letti a ritmo di musica, sognando di essere delle rockstar.

Tira tu le conclusioni

  • Conosci la musica di Bruce Springsteen? Se sì, da quando la ascolti?
  • Torino 1988 è stato il mio primo concerto di Bruce Springsteen. Qual è stato il tuo?
  • Quali sono le tre canzoni che vorresti sempre sentire in un live di Bruce?
  • Nel 2023 Bruce suonerà a Ferrara, Monza e Roma. A quale/quali assisterai? Andrai anche all’estero?

Esprimere se stessi è un segno di vitalità e di distizione. Commenta qui sotto il mio articolo

Dario Migliorini

 

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