Le ho spesso definite sinfonie rock ma, definizione alla mano, si chiamano suite rock, per cui anch’io mi devo convincere a chiamarle così. La definizione, in effetti, collima precisamente:
la suite è una composizione strumentale in più tempi, ciascuno dei quali costituito da un tipo di danza ora vivace e allegra, ora lenta e solenne in una alternanza ritmica di particolare spigliatezza. Questa è ovviamente una definizione riferita a una composizione musicale strettamente finalizzata all’esecuzione strumentale e alla danza. Ma se allargata al rock, può comunque calzare bene. Sinfonia o suite, in ogni caso molto spesso la sua composizione ha richiesto una particolare creatività musicale. In diversi casi le suite rock si sono rilevati veri capolavori.

Caratteristiche della suite rock

Cosa hanno in comune le suite? Quali sono gli elementi che le identificano? Ecco una sintetica descrizione:

  • sono lunghe ben oltre la media dell’ordinaria canzone o ballata;
  • si discostano dalla classica struttura strofa-ritornello-inciso-break della canzone ma hanno diverse variazioni di tema musicale, quindi spesso hanno un tema dominante musicale che però viene abbandonato e poi eventualmente ripreso o alternato con altri temi;
  • hanno diverse variazioni di ritmo. Tipicamente sono canzoni che alternano ritmi veloci a ritmi più lenti o addirittura a parti senza ritmo;
  • a volte sono solo musicate ma anche quando cantate prevedono linee di canto diverse, che si alternano ad assoli strumentali;
  • gli strumenti musicali tipicamente entrano ed escono, senza una presenza stabile, proprio come avveniva anche nelle sinfonie di musica classica, nelle quali il compositore metteva in evidenza i singoli strumentisti in parti diverse e alternate.

Le più famose suite rock

Sulla base di queste definizioni cito, senza la pretesa di completezza, alcune tra le più famose suite rock (in ordine alfabetico):

  • A Plague Of Lighthouse Keepers (Van Der Graaf Generator) – un intero lato dell’album Pawn Hearts è occupato dai 23 minuti di questo concentrato di rock progressivo e di musica concreta con diversi cambi di ritmo e di tema musicale
  • Bohemian Rhapsody (Queen) – una delle suite per eccellenza, quasi schizofrenica per quanto varia nei ritmi e nei temi
  • Echoes (Pink Floyd) – 23 minuti di variazioni ritmiche e di ricami musicali di chitarre e organi, fino a quando, solo nel finale, irrompe anche una parte cantata
  • Innuendo (Queen) – tre diverse parti in una canzone non lunghissima, ma molto varia. Una parte rock, una parte più tendente alla musica classica e una parte di musica ispanica, che richiama il classico motivo del flamengo
  • Jesus Of Suburbia (Green Day) – suite in 5 atti. Il punk revival di pura distorsione (una delle poche suite rock del nuovo millennio) si alterna a momenti di ballata basata sul pianoforte e parti recitate in un video che fu censurato per scene troppo crude
  • Jungleland (Bruce Springsteen) – in termini di creatività compositiva il capolavoro springsteeniano, anche per come accompagna la storia drammatica che racconta con la musica, gli arrangiamenti e i diversi cambi di ritmo e di tensione
  • Shine On You Crazy Diamond (Pink Floyd) – uno dei brani più celebri della storia del rock. A parte l’inizio senza ritmo, non ha grandi variazioni ritmiche, ma accoglie diversi temi tra canto e assoli
  • Stairway To Heaven (Led Zeppelin) – sostanzialmente tre canzoni in una – una prima armonia con chitarra arpeggiata, una seconda armonia quando entrano la chitarra ritmica e poi le percussioni, infine l’assolo e l’esplosione finale con una terza armonia
  • Supper’s Ready (Genesis) – 23 minuti e 7 atti di virtuosismo musicale, con una pletora di strumenti utilizzati e argomenti di ispirazione biblica ed evangelica
  • Telegraph Road (Dire Straits) – l’introduzione poi il tema principale. Seguono assoli più lenti su un giro armonico diverso, poi torna il tema principale e infine il gran finale con ritmi vorticosi e il grande assolo di chitarra
  • The Musical Box (Genesis) – una vera e propria scatola musicale di rock progressivo, con diverse sezioni di melodie alternate al rock più sperimentale, con tanto virtuosismo musicale

Cito poi a parte alcuni casi particolari

  • Ramble Tamble (Creedence Clearwater Revival) – alterna due temi musicali diversi con ritmiche diverse – non ha ricchezza creativa di altre suite, ma in qualche modo si avvicina
  • Atom Heart Mother (Pink Floyd) – è certamente una suite e lo è nella sua natura più stretta, essendo solo ed esclusivamente strumentale
  • Crisis (Mike Oldfield) – come la precedente, solo musicale. Nel caso di Mike Oldfield è persino difficile parlare di rock, ma di musica classica contemporanea
  • Layla (Derek & The Dominos) – il famoso brano di Eric Clapton non è propriamente una suite, ma semplicemente una canzone che si divide in due parti totalmente diverse. Quindi incorpora la natura della suite, ma limita le variazioni a due sole.

La grandezza di Jungleland

Riporto qui di seguito la mia descrizione musicale di Jungleland, estratta dalla recensione della canzone (qui puoi leggere l’intera recensione):

Sul lato musicale Jungleland si divide in almeno cinque parti che accompagnano con grande rispondenza il significato e i tempi narrativi della storia. La prima parte è una intro musicale di pianoforte (Roy Bittan) e violino (Suki Lahav), che illude come la quiete prima della tempesta. La seconda parte svolge il tema principale: dapprima è tutto basato sulle dita veloci di Bittan, poi, dalla terza strofa subentra tutta la E Street Band. Questa lunga parte centrale si conclude con l’inciso dopo l’assolo di chitarra, che abbandona il tema musicale principale. Poi, inatteso quanto stupendo, arriva il lungo assolo di sassofono di Clarence Clemons. Pur essendo una parte solo musicale, è così bello ed estatico da rendere senza parole quel romanticismo ardente ma infelice che attanaglia i due protagonisti nella loro battaglia amorosa. Arriva poi una quarta parte che, pur mantenendo il giro armonico dell’assolo, torna a basarsi su pianoforte e organo e ci descrive mestamente l’epilogo della storia (e della vita) di Magic Rat. La quinta e ultima parte è rappresentata dal gran finale: mentre ognuno fa i conti con le conseguenze delle proprie azioni, la E Street Band compie una sorta di miracolo musicale. Un’uscita di scena drammatica e in crescendo nella quale la band, in primis l’incredibile performance di Roy Bittan al pianoforte, accompagna gli urli strazianti di Springsteen che chiudono la canzone.

Leggi anche: Canzoni ispirate da canzoni di Bruce Springsteen

 

Dario Migliorini

 

Se ti è piaciuto questo articolo commentalo e condividilo sui tuoi profili Social!

 

Condividi questo articolo