Badlands è la canzone che apre l’album Darkness On The Edge Of Town di Bruce Springsteen (1978). Questo intenso brano rock a ritmo di marcia è anche una delle pietre miliari di tutta la discografia di Springsteen. La canzone deve la sua rilevanza non solo al suo impatto musicale, accompagnato da una performance live tra le più incisive, ma soprattutto alla centralità del suo testo all’interno della poetica del grande cantautore. Una canzone di rabbia e di speranza che si inserisce come un ponte tra i sogni di Born To Run e la maturità di Darkness On The Edge Of Town e di The River. Badlands è anche uno dei brani più suonati dal vivo da Springsteen. Risulta infatti quarta assoluta dopo Born To Run, Thunder Road e The Promised Land, che peraltro (per coincidenza, ma nemmeno troppo) sono le canzoni citate in questo articolo per il loro collegamento con Badlands.
DISILLUSO MA VIVO
Dopo il sogno di fuga di Born To Run e Thunder Road, in Badlands (leggi la traduzione qui) ritroviamo un giovane uomo che prende atto che la vita riserva amarezze e richiede molta più fatica. Qualcosa che all’inizio lo stordisce (“Sono catturato in un fuoco incrociato che non capisco”). Il ragazzo sta ancora sognando, ma si sveglia nella notte con la paura di non raggiungere la meta. Ma lui reagisce (“Non mi frega niente delle stesse vecchie scene già recitate… voglio il cuore, voglio l’anima, voglio il controllo, proprio adesso”). Ora il ragazzo vuole andare al nocciolo della questione e recuperare il controllo della sua vita. Scopre la fatica del lavoro in fabbrica e nei campi e capisce cosa muove il mondo: “Il povero vuole diventare ricco, il ricco vuole diventare re e il re non è soddisfatto finché non governa su tutto”. Un assioma a cui lui però intende sottrarsi: “Voglio uscire stanotte e trovare ciò che è mio”.
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Amore, fede e speranza
In Badlands Bruce esprime i valori su cui pensa debba essere fondata l’esistenza. La seconda parte della seconda strofa rappresenta uno dei momenti più alti dell’intera poetica springsteeniana. Quasi richiamando le tre virtù teologali cristiane – fede speranza e carità – ma modificandole e dandone un significato del tutto laico, Springsteen dichiara solennemente in cosa crede perché quella vittoria agognata alla fine di Thunder Road possa realizzarsi. Crede nell’amore che gli è stato donato, nella fede da intendersi soprattutto come fiducia in se stessi e nelle persone che ci accompagnano nella vita. E crede nella speranza, un elemento che rimarrà sempre centrale nella narrativa di Springsteen, come simbolo di vitalità e come motore perché ci si rimbocchi le maniche anche dopo le cadute.
La meta della dignità
Se è vero che il protagonista di Badlands non è altro che il ragazzo di Thunder Road, ora più maturo e disilluso ma sempre aspirante a una vita migliore, ciò che effettivamente cambia è la meta. Non più la fuga per una roboante vittoria, non più il sole verso cui camminare di Born To Run. Bisogna trovare la forza e il modo di vivere in quelle badlands con dignità, senza esserne schiacciati. Ecco che allora il protagonista di questo brano, che tanto somiglia a quello della canzone omologa sul primo lato del disco, The Promised Land, capisce che il sogno americano non è una vita da favola, né il lusso, ma un lavoro dignitoso, una casa e una famiglia. Questo è il senso: la terra promessa non è diventare ricchi, men che meno diventare re e ancor meno regnare su tutto. Basta sapere cosa si ha e pretendere il poco in più che serve per una vita dignitosa.
Luoghi infami da fronteggiare
Dunque la fuga non è più il rimedio, anche perché spesso non è possibile. A volte perchè non se ne ha l’opportunità, a volte perché qualcosa ci trattiene nelle nostre terre d’origine, anche quando esse non ci restituiscono nulla. Sono terre desolate, luoghi infami da fronteggiare, ma sono i posti dove capita di dover vivere, dai quali non sempre si può scappare. Un messaggio che diventa lampante, se si leggono insieme il finale della prima strofa e l’intero ritornello. “Trascorri la tua intera vita per un momento che proprio non arriverà, non sciupare il tuo tempo ad aspettare. Luoghi infami, ci devi vivere tutti i giorni, lascia che ci siano i cuori infranti come il prezzo che devi pagare. Continua a pressare fino a che sia chiaro e questi luoghi infami inizino a trattarci meglio.” Ecco il messaggio essenziale! Lo stesso che lancia il protagonista di The Promised Land: “Sarò un tornado che scataventerà a terra tutto quello che non ha la fede per resistere al proprio posto.”
Il rock vive
Bruce parla di un obiettivo, di un desiderio di vita. C’è un altro verso di Badlands che si staglia alla vetta nella sua narrativa. “Per quelli che hanno una certezza, una certezza interiore profonda, che non ci sia peccato nell’essere felici di essere vivi”. Nel senso più intrinseco della canzone, questo verso si sposa con l’interpretazione data in precedenza. L’obiettivo di una vita non è la ricchezza o il successo, una fortuna che raggiungono in pochi, ma è la felicità che viene portata dal vissuto, da ciò che si riesce a dare e ricevere, mentre si conduce la propria esistenza. Ma questo verso diventa determinante anche se rapportato all’evoluzione del rock. In quegli anni il rock rischiava di morire e i suoi profeti con esso, eroi distrutti e agonizzanti. Se il rock aveva inneggiato alla droga e agli eccessi, arrivando perfino a idolatrare la morte (vedi Jim Morrison), Springsteen invece inneggiò alla vita. Non un viaggio metafisico, cristiano o laico che fosse. Non qualcosa di mistico, nemmeno extrasensoriale, ma la vita terrena. Tutta la sua carriera si è incentrata sul raggiungimento di un posto migliore sulla terra. Questo è il suo senso di terra promessa.
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UN INNO E UNA PREGHIERA
Dal punto di vista musicale Springsteen ha voluto dare a Badlands un carattere di solennità, quasi che i forti proclami enunciati dal protagonista (facile vederci lo stesso focoso e arrabbiato Bruce di quegli anni) fossero accompagnati da una sorta di inno. Come gli inni, infatti, Badlands non ha il tempo della classica ballata, ma un ritmo di marcia battuto sul rullante per l’intera durata del brano. Dopo l’inconfondibile rullata da apertura, arriva il riff musicale che offre il tema della canzone, suonato da pianoforte e chitarre. Gli assoli centrali sono affidati alla chitarra elettrica dello stesso Springsteen e al sassofono di Clarence Clemons e sono seguiti da un momento di attenuazione sonora nella dinamica della canzone, nel quale i vocalizzi di Bruce e di Stevie Van Zandt simulano una preghiera e, in crescendo, portano verso il terzo e ultimo ritornello. Nelle versioni dal vivo Springsteen ha dato ulteriore enfasi alla canzone. Intanto con un’introduzione musicale composta da tre accordi pieni in un incipit solenne, che spesso ha anche aperto i concerti. Una solennità che è stata ottenuta anche con l’allungamento del momento più “religioso” della canzone quando, dopo gli assoli, i vocalizzi di Bruce e Stevie Van Zandt si uniscono in un momento quasi sacro. È proprio su quella parte che poi il pubblico di tutto il mondo ha inaugurato una variazione sul tema, utilizzata anche al termine del brano per chiamare Bruce a una ripresa del finale. Badlands da sempre rappresenta indubbiamente uno dei momenti più alti nei concerti di Springsteen.
Curiosità
Il titolo Badlands è stato preso in prestito da Springsteen da un film del 1973 di Terrence Malick, senza che in realtà Bruce l’avesse visto. In realtà il collegamento tra il film e la narrativa springsteeniana non è rappresentata da Badlands ma dal brano Nebraska che, proprio come il film di Malick, tratta liberamente della scabrosa vicenda di Charles Starkweather, un serial killer che negli anni ’50 aveva ucciso undici persone, accompagnato dall’adolescente Caril Ann Fugate. Le Badlands americane sono territori selvaggi e aridi nel South Dakota (ora parco nazionale), non distanti dal Nebraska e dal Wyoming, Stati nei quali si verificarono i misfatti di Starkweather. Nella canzone di Springsteen, invece, l’epiteto badlands (letteralmente “terre cattive”) assume più il riferimento di luoghi maledetti da fronteggiare per riuscire a vivere con maggiore dignita. Per questo motivo ho preferito la traduzione “terre infami” al più ricorrente “bassifondi”.
Tira tu le conclusioni…
- Conosci l’iconica Badlands e il celebre album Darkness On The Edge Of Town?
- La rincorsa alla ricchezza, una cosa che rischia di riguardare sempre meno persone. Cosa pensi del verso di Bruce sulla brama di ricchezza dell’animo umano?
- Il rock è stato per tanto tempo ribelle, ma maledetto e autolesionista. “Non è un peccato essere felici di essere vivi”: cosa pensi di questo verso in funzione dell’evoluzione del rock?
- Nel mio romanzo Coupe DeVille il protagonista Frank Joyce ricalca molto il protagonista di questa canzone. L’hai già letto? Per informazioni clicca qui.
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Come sempre, ottima analisi, completa e profonda: informazioni precise, riflessioni ed emozioni. E ora..aspettiamo di cantarla tutti insieme!
Cara Paola, grazie. E sì, presto la canteremo tutti insieme, prima al PIT e poi ai suoi concerti. Sarà ancora bellissimo. E grazie ancora del tifo e dell’amicizia.
penso di non essere la sola a considerare “it ain’t no sin to be glad you’re alive” un verso fondamentale per comprendere fino in fondo le tematiche di bruce.
ma per tutta una serie di fattori io mi reputo più di altri vicino al suo animo. sarà per la stessa età, o per la storia in gran parte comune, ma c’è un legame che mi fa sentire di più vicino a lui ed è la quasi comune origine geografica. una manciata di chilometri dividono la terra dei miei avi da quella dei suoi.
un sud profondo non tanto nello spazio, ma piuttosto nel tempo, dove ignoranza, miseria, fatica di vivere, tradizioni millenarie la facevano da padrone. dove la religione portava dolore invece che gioia, reprimeva gli istinti più naturali condannandoli come peccati.
l’indottrinamento dei bambini raggiungeva il suo apice con il catechismo al momento di fare la prima comunione, ed è lì che si acquisiva la vergogna, il senso del peccato.
ma nella nostra generazione è spuntato qualcosa che forse non era mai successo ad altre, un sentimento di ribellione diffuso e condiviso, un’ansia di liberarsi di imposizioni e regole che avevano perso la loro autorevolezza.
solo chi ha vissuto quel momento di passaggio poteva scrivere quella frase!
e solo chi ha vissuto quegli anni la può capire fino in fondo.
Cosa posso risponderti, Annamaria? Se non apprezzare ogni singola parola che hai scritto. Ci sono persone come me che interpretano, ci sono persone come te che certe cose le hanno vissute. Ed è bello leggere queste testimonianze. E sapere che in quel celebre verso di Bruce ci fosse non solo una generale rincorsa alla vita, ma anche una rabbiosa fuga a quel senso di morte, che non solo certo mondo rock quasi inneggiava, ma che la stessa religione tentava di esorcizzare con una ritualità davvero poco credibile. Con tutto il rispetto per chi crede, ma credere è una cosa, farci rincitrullire è un’altra. Amen!