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Recensione Cadillac Ranch, Bruce Springsteen

23 Giu, 2023 | Words and Music |
Recensione Cadillac Ranch

Cadillac Ranch è la tredicesima traccia del doppio album The River di Bruce Springsteen (1980). In un album pensato come omaggio alla storia del rock’n’roll e dei vari generi che si sono reciprocamente influenzati nei trent’anni anni precedenti, Cadillac Ranch, insieme a You Can Look (But You Better Not Touch), ne rappresenta l’anima country-rock. In realtà nessuna delle due canzoni presenta la strumentazione tipica del country, eppure entrambe sono caratterizzate da quelle armonie e quelle melodie tipiche della ballata country. Cadillac Ranch (leggi la traduzione qui) è anche uno degli episodi più leggeri e scanzonati dell’album, ma come Sherry Darling nasconde anche un’amarezza di fondo.

IL MONUMENTO TEXANO ALLA CADILLAC

Amarillo, Texas. Dal 1974 in questa località desertica lungo la Route 66 è stato progettata questa scultura monumentale, una sorta di cimitero di dieci Cadillac nell’ottica di celebrare quella che, insieme alla Ford, è la più americana delle marche di automobili nell’immaginario comune. La particolarità di questo monumento è che le auto sembrano piantate nel terreno, rimanendo visibile solo la parte posteriore. Bruce Springsteen ha scritto tanto di automobili, in parte perché appassionato (in particolare delle auto da corsa), in parte perché l’auto è stato il principale mezzo di trasporto che consentiva ai suoi personaggi di inseguire un sogno o, più semplicemente, di guadagnarsi da vivere. Pur avendo spesso citato modelli più legati alle corse, anche clandestine (ad esempio le Chevrolet Camaro e Chevelle), anche nell’immaginario springsteeniano la Cadillac rimane l’auto simbolo del viaggio lento e rumoroso per le strade americane. Bruce, infatti, la definisce come un grande vecchio dinosauro.

La Cadillac tra vita e morte

Springsteen ha celebrato il famoso marchio di auto in maniera anche simpatica e originale. Dapprima descrive la Cadillac come qualcosa di salvifico che solleva dalle fatiche della vita lavorativa, poi fa dichiarare al ragazzo della canzone di voler portare con la propria Cadillac suo padre e sua zia, ormai anziani, al ranch di Amarillo con la malcelata idea di lasciarli là. Alla conclusione della prima strofa il protagonista stesso chiede di esservi sepolto con la sua Cadillac. Più avanti però, in un rigurgito di vita, chiede a una ragazza incontrata per caso nel Wisconsin di dargli un motivo per vivere e di evitargli quella triste fine nel celebre cimitero texano. Ma, colpo di scena, con la variazione dell’ultimo ritornello, è proprio una Cadillac a presentarsi davanti a casa sua e a portargli via la ragazza, la sua ragione di vita e di speranza. Dunque, seppur in modo ironico, Bruce non abbandona del tutto i temi più drammatici dell’album: la precarietà, l’assenza di prospettive, la fine di un amore, perfino la morte.

Bruce e il cinema

Un commento particolare merita la seconda strofa. Da grande appassionato di cinema, Springsteen celebra le automobili che hanno fatto epoca in America tramite alcune citazioni cinematografiche, come farà anche in I’m A Rocker, la successiva traccia su The River. In realtà solo due delle tre citazioni fanno riferimento a pellicole cinematografiche. James Dean è alla guida di una Mercury ’49 in Gioventù Bruciata (titolo originale: Rebel Without A Cause), iconico film del 1955 diretto da Nicholas Ray. Junior Johnson non era un attore, ma un celebre pilota e dirigente automobilistico americano, originario della Carolina del Nord, citata nel testo. Infine Burt Reynolds guidava una Pontiac Firebird Trans Am, completamente nera, in Il Bandito e la Madama (titolo originale: Smokey and the Bandit), fil del 1977 diretto da Hal Needham. Tutti questi mostri sacri – canta Bruce – si ritroveranno al Cadillac Ranch.

IL ROCK DEL SOUTHWEST

Anticipavo in premessa che il tema country di Cadillac Ranch, come anche quello di You Can Look (But You Better Not Touch), non è accompagnato da strumentazione tipica del country. Bruce vuole rimanere su un sound prettamente rock, così imposta la canzone con un intro di batteria, in cui Max Weinberg percuote vigorosamente grancassa e rullante, per poi introdurre il tema musicale con la chitarra elettrica. Già dal secondo giro di introduzione strumentale entra tutta la band con un’altra chitarra, l’organo e il pianoforte. Se dal punto di vista dell’armonia si rimane su un tradizionale giro di tre accordi, dal punto di vista strumentale la scelta rockettara di Springsteen si conferma con un assolo centrale di chitarra elettrica e un assolo finale di sassofono, sempre doppiato dalla chitarra. Interessante notare che nelle versioni dal vivo, che hanno sempre riscontrato un impatto molto forte sul pubblico, Bruce ha introdotto, prima del finale strumentale, un coro a più voci accompagnato dalla sola batteria, sul quale lo stesso Springsteen e diversi elementi della band ricamano vocalizzi da black music. Dal Born In The USA Tour Bruce ha anche ideato un divertente siparietto coreografico con chitarre, basso e sax che si muovono in sincronia durante l’assolo finale.

Cadillac ovunque

A distanza di breve tempo Springsteen scriverà un’altra canzone con la Cadillac nel titolo. Nel 1983 pubblicherà Pink Cadillac, un robusto blues rock che però rimarrà fuori da Born In The USA, salvo essere recuperata come B-Side del singolo Dancing In The Dark (1984). Nel caso di Cadillac Ranch l’auto è nera, mentre nel caso di Pink Cadillac l’auto è ovviamente rosa e il protagonista dichiara senza mezzi termini di essere innamorato di una ragazza per la sua auto. Il più storico fanclub italiano di Springsteen si chiama proprio Pink Cadillac, fondato nel 1997 a Napoli. Ispirandomi a Bruce, anch’io ho voluto una Cadillac come protagonista del mio romanzo. Già lo si nota nel titolo, Coupe DeVille (Frank è Tornato a Casa): Coupe DeVille, infatti, non è altro che un modello di Cadillac, molto diffuso tra la fine degli anni 50 e la metà degli anni 70.

Tira tu le conclusioni…

  • Conosci Cadillac Ranch e le altre canzoni citate nell’articolo?
  • l’epopea americana del viaggio verso ovest e il mito dell’automobile, delle Cadillac e della Route 66. Sei affascinato da questo pezzo di cultura americana?
  • Il cinema e la musica: un grande binomio nella poetica di Bruce Springsteen. Hai mai letto “Like A Vision. Bruce Springsteen e il Cinema” (2015), curato da Paola Jappelli e Gianni Scognamiglio? Visita il sito di Pink Cadillac
  • Qui trovi le informazioni, le recensioni e la piattaforma di acquisto del mio romanzo springsteeniano, Coupe DeVille (Frank è Tornato a Casa), definito da molti lettori un romanzo cinematografico.

 

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Dario Migliorini

 

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3 Commenti

  1. anna maria

    ciao! questa mi era sfuggita, e pensare che è una delle mie preferite. tanto preferita che ho sempre detto che mi piacerebbe farla suonare al mio funerale!
    dovrei prima trovare l’officiante giusto però, non sarà facile nella chiesa cattolica.
    è davvero trascinante suonata dal vivo e certe volte ne faccio una vera scorpacciata. la più bella è quella in cui indossano tutti cappelloni da cowboy!
    mi piace la prima strofa in cui dice I’m gonna pack my pa. cioè padre e zia “impacchettati” per portarli nell’ultimo viaggio, immagino.
    un pò surreale, sembra scanzonata ma c’è sempre il suo bel risvolto serio, come tutte le canzoni del boss.

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    • Dario Migliorini

      Beh, Cadillac Ranch a un funerale la devo proprio sentire (non al tuo, si intende 😄). In quell’epoca Bruce aveva, come è normale, un rapporto con la morte ben diverso da quello di adesso. Proprio quel verso del padre e della zia lascia trasparire lo spirito di sdrammatizzazione dell’argomento.

      Rispondi
  2. anna maria

    infatti, in età adolescenziale si sviluppa un certo gusto per l’orrido. io all’epoca andavo pazza per edgar allan poe.
    un certo spirito goliardico in tal senso mi è rimasto ancora!

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