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Recensione concerto Bruce Springsteen Ferrara 18 Maggio 2023

Aggiornato il 19 Mag, 2023 | Words and Music |
Bruce Springsteen concerto di Ferrara

2496. Un numero alto, troppo alto. Sì, perché da quel 16 luglio 2016 al Circo Massimo di Roma sono trascorsi 2.496 giorni. A far conto dal 1985, anno del suo primo concerto italiano, è stato il periodo più lungo di attesa di un concerto di Bruce Springsteen in Italia. Scherzi della pandemia, non certo dell’età di Bruce che avanza. Perché Springsteen sul palco ci salirebbe tutti i giorni. E su un palco italiano aggiunge quel piccolo senso di appartenenza, quella sensazione di casa, lontana nella distanza, ma molto vicina nel cuore.

Springsteen l’italiano

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Bruce ha raccontato che la sua passione per la musica proviene dalle nostre latitudini, da una madre con profonde radici italiane. Quella Adele che con le sue sorelle esorcizzava la durezza della vita cantando e ballando ogni volta che poteva. Quella Adele che, anche contro le chiusure del marito Doug, aveva regalato al piccolo Bruce una chitarra (perché una batteria costava troppo…).
Quel sangue italico ieri è tornato a scorrere vorticoso nelle vene di un Bruce Springsteen certamente invecchiato, come del resto succede (per fortuna) a ognuno di noi, ma ancora incredibilmente disposto a urlare “PRESENTE!” alla chiamata del rock’n’roll.

Ferrara accoglie Bruce Springsteen (leggi l’articolo)

Ferrara, gioiello emiliano dalle piccole dimensioni ma dalla storia millenaria, ha accolto Bruce Springsteen con il calore che queste terre sanno emanare. E con lui gli oltre 50.000 tramps accorsi nel polmone verde cittadino, quel Parco Bassani motivo di (troppe) polemiche, ma alla fine capace di una umida ma fervida ospitalità. Un popolo che ha saputo ordinatamente e pazientemente sopportare nel fango i ritardi dell’ingresso all’area del concerto, ma che poi è stato ripagato abbondantemente dall’energia straripante del Boss. 

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Si comincia!

Dopo le intriganti performance di Fantastic Negrito (che browniana voce!) e di Sam Fender (che giovane classe!), Bruce è salito sul palco alle 19.40 con una E Street Band già schierata a battaglia. Nella fodera non gli odiosi proiettili di una guerra che DEVE finire, ma vibrazioni che non hanno perso intensità dopo 50 anni appena compiuti di storia del rock. Ferrara esulta e con lei un pubblico che raccoglie bambini e nonni, genitori e figli, forse anche le puttane, gli scommettitori e le anime perdute di quella che diventa immediatamente la terra della speranza e dei sogni.

 

Una scaletta non casuale

Il primo “tutti a bordo” è assegnato da Bruce all’amatissima No Surrender. In una scaletta che, almeno fino a Last Man Standing, è dettata come non mai dai significati, più che da scelte strettamente musicali, con il brano del 1984 Bruce ci urla che lui e i suoi fratelli di sangue non si sono arresi, con le loro batterie e le loro chitarre. Segue una scaletta che qualcuno critica per l’eccesso di staticità (uff… quante polemiche tra social e media!), ma che non tutti hanno colto nel suo significato più profondo, che si può riassumere grosso modo così: “Ehi, siamo ancora qui, ci diamo dentro, siamo ancora capaci di fare quello per cui siete venuti qui, nonostante si avvicini l’epilogo e qualche caro amico ci abbia già lasciato. Ma queste badlands vi stanno trattando ancora male e siamo ancora qui a spronarvi a lottare. E non fate mai mancare la musica: se non vi cambierà la vita, almeno vi allieterà nel tragitto.” Ditemi, non è così?

Il testamento di Bruce

Dopo No Surrender, una dedica agli amici ancora vivi, arriva Ghosts, la dedica agli amici che se ne sono andati troppo presto ma che, come i fantasmi, fanno sentire ancora la loro presenza. Di lì a poco arriveranno Letter To You, l’accorata missiva, quasi un testamento tra vivi, che Bruce invia a tutti i suoi ammiratori (“ho preso tutta la mia felicità e il mio dolore e li ho spediti in questa lettera a voi”) e The Promised Land, nella quale l’uomo, nonostante l’età e il tempo trascorso, riconosce ancora quelle nuvole scure in avvicinamento, ma urla la sua volontà di spazzare via tutto ciò che non ha la fede di occupare il proprio posto su questa terra.

Ladies and Gentlemen: la E Street Band

In quel contesto Bruce e la E Street Band eseguono Prove It All Night, Candy’s Room e Kitty’s Back, tre tra i brani più eclettici e musicalmente virtuosi della sua intera discografia. Tradotto: “Non solo siamo ancora qui, ma certe cose le sappiamo ancora fare bene!” Kitty’s Back è stratosferica: l’esempio di quanto la E Street Band, insieme al suo capo, sia ancora una delle migliori live rock band della storia. Un sound granitico, eccellenti virtuosismi e un’intesa che non mostra rughe, con il sostegno di una sezione fiati stra-collaudata e una sezione corale da urlo.

Un turno di notte infinito

Se Out In The Street è una concessione al più classico dei “botta e risposta” con il pubblico (e si capisce perché sia tra le 15 canzoni più suonate di sempre da Springsteen dal vivo), Nightshift riporta lungo il solco del tema dominante della serata. Lungi dal rappresentare la cover commerciale e orecchiabile che alcuni descrivono, il brano “eighties” dei Commodores è il raffinato e riuscitissimo modo in cui Bruce ci ricorda che non solo alcuni dei suoi vecchi amici, ma anche alcuni grandi musicisti che hanno fatto la storia se ne sono andati. Eppure sentiamo ancora forte la loro presenza tra noi. Marvin Gaye e Jackie Wilson, e insieme a loro tanti eroi della musica popolare ormai defunti, continuano a fare “il turno di notte”, ovunque essi siano, ogni volta che ascoltiamo la loro musica. La sensibilità musicale con cui Bruce “fabbrica” l’esecuzione dal vivo di Nightshift, con uno strepitoso Curtis King ad affiancarlo ai cori, vale da sola il prezzo di tanta faticosa attesa. 

Assenze

The E Street Shuffle, dopo No Surrender e prima di Tenth Avenue Freeze-Out, celebra la E Street Band (uno shuffle che si balla senza risparmio sulla E Street da ormai mezzo secolo). Poi Mary’s Place e Johnny 99 ci riportano in modi diversi sull’argomento dell’assenza. Più propriamente della morte. Mary’s Place, dietro il brillante travestimento di brano live da “cantiamo e balliamo tutti!”, parla del ritrovo in festa che gli amici della defunta Mary tengono a casa della ragazza per ricordarla. Johnny 99 in versione blues rock, ma anche con un pizzico di soul, ci ricorda come le istituzioni generino morte, usando violenza per rimediare ad altra violenza, spesso causata dalla loro stessa opacità.

L’ultimo rimasto

L’assenza fisica delle persone che ci hanno lasciato raggiunge il momento più alto con Last Man Standing, brano dall’ultimo Letter To You. Una canzone scritta quando Bruce si è reso conto di essere rimasto, appunto, l’ultimo uomo ancora vivo della sua prima band (dopo la morte di George Theiss, fondatore dei Castiles). Un significato che lo stesso Springsteen tiene a sottolineare nel più lungo ed emotivamente forte monologo della serata. Last Man Standing, che arriva grosso modo a due terzi della scaletta principale e poco prima della metà di quella complessiva, è forse la canzone che chiude quel percorso logico di messaggi chiave che ho tentato di delineare.

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Grandi classici per il primo finale

Da quel momento in poi, infatti, Bruce decide di ripercorrere tanti dei tratti salienti della sua produzione artistica, dalle classiche (ed eternamente splendide) Backstreets, Badlands e Thunder Road a una delle più belle rock hit di sempre (Because The Night), dalla robusta e sensuale She’s The One a due colonne portanti relativamente più recenti, Wrecking Ball e The Rising. Backstreets, in particolare, è uno dei momenti più alti della serata. Non solo per la sua incommensurabile bellezza, ma anche perché, in connubio a Last Man Standing, esprime quel senso di amicizia che, pur nelle difficoltà e negli addii, può durare until the end, fino alla fine (e anche oltre). Dopo 20 canzoni e una sempre sognante Thunder Road (un 73enne ci dice che vuole ancora andarsene da una città di perdenti per vincere), si chiude dopo oltre due ore la setlist principale. E’ ora di tirare il fiato.

BRUCE SPRINGSTEEN

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Nati per correre

Macché! Una finta pausa (anzi Bruce ormai non fa nemmeno più finta di scendere dal palco) e si riprende. Ed è significativo che in una scaletta che ha ventilato in tante occasioni l’ombra incombente della morte, gli encore inizino con due canzoni che hanno nei loro titoli la parola “born”, nascere. Ma se Born In The Usa ci tiene ancora avvinghiati alle catene della Nera Signora delle tenebre (con suoi riferimenti a una città di morti e alle vittime della guerra in Vietnam), Born To Run ci esorta ancora a correre, a qualsiasi età e in qualsiasi condizione. Per qualcuno il sole verso cui camminare è arrivato, per altri forse non arriverà mai, ma la speranza non deve mai mancare, per non finire come quegli eroi distrutti che nella strada vagano in cerca della loro ultima opportunità. Anche qui si muore, ma in un bacio infinito pieno d’amore.

Amicizie e giorni di gloria

La dolce e malinconica Bobby Jean ci riporta all’amicizia e al valore della musica. L’amico a cui Bruce l’ha dedicata, quello Steve Van Zandt che allora se ne stava andando per la sua strada, è ancora lì al suo fianco, magro da far quasi spavento ma in gran forma. Arriva poi il momento di ricordare i giorni di gloria. Quasi quarant’anni fa Bruce cantava che forse un giorno si sarebbe seduto a bere mentre ricordava i suoi Glory Days. Quanta contraddizione! Lui in realtà è ancora sul palco a mantenere quella gloria viva e attuale.

Bad Scooter e Big Man

Dancing In The Dark, un testo oscuro diventato paradossalmente un brano di festa rock, è seguita dall’inno incontrastato alla E Street Band. Tenth Avenue Freeze-Out ancora una volta ci racconta come quell’incrocio tra la E Street e la Tenth Avenue, che rischiava di essere tagliato fuori da ogni sogno musicale, ne sia diventato il fulcro quando Clarence Big Man Clemons si è unito alla band e la città, metafora del panorama rock dell’epoca, è stata spezzata in due per sempre. Da una parte quelli che amano Bruce Springsteen e dall’altra quelli che non l’hanno mai visto dal vivo.

Siamo vivi

Una grande festa che si chiude con un ritorno al momento più intimo. Triste certamente, ma non ultimativo. Tutto è racchiuso in quei due versi di I’ll See You In My Dreams: “Ti rivedrò nei miei sogni, là oltre l’ansa del fiume, perché la morte non è la fine”. Stop! Fermiamo tutto qui, per un attimo. Come quando si preme il tasto pausa. Bruce ci chiede di soffermarci: la morte non è la fine. Nessuno di noi sa cosa ci aspetta oltre quell’ansa. Forse finisce tutto, forse c’è un paradiso da qualche parte. O forse rinasceremo nelle vesti di un eroe o nelle forme di una farfalla. Forse la nostra anima continuerà ad aggirarsi qua e là, ovunque ci sarà bisogno di lottare spalla a spalla, cuore a cuore (dalla splendida We Are Alive). Ma sicuramente, se avremo combinato qualcosa per cui sia davvero valsa la pena vivere, beh… allora qualcuno ci ricorderà. E ci vedrà nei suoi sogni.

Tutti a bordo: Roma è la nostra prossima fermata

Ma intanto siamo ancora qui in tanti, nella piccola Ferrara come sotto tanti altri riflettori del mondo, e le nostre gambe ancora ricevono una scossa quando Mighty Max Weinberg conta quattro e scuote il rullante. Quando le dita celestiali di Roy Bittan danzano sui tasti neri e avorio come étoile della Scala. Quando la misurata eleganza di Garry W. Tallent traccia la strada melodica su ritmi vorticosi. Quando il genio virtuoso di Nils Logfren e la ruvida sincerità di Steve Van Zandt ci ricordano da dove veniamo. Quando la sorridente Soozie Tyrell ci sottolinea con il suo violino quanto la musica viva di suoni ed emozioni. Quando Charlie Giordano e Jake Clemons ci aiutano con discrezione a ricordare che abbiamo avuto la fortuna di vivere nella stessa epoca di Danny Federici e dello zio Clarence. E infine quando lui, Bruce Springsteen, torna a incarnare il miracolo vivente del rock. O forse semplicemente il capotreno già pronto a strillare: “Tutti a bordo, Roma è la nostra prossima fermata.”

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Leggi la mia presentazione di BRUCE SPRINGSTEEN

 

Dario Migliorini

 

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Dario Migliorini

Dario Migliorini

Autore

Mi presento… sono Dario Migliorini, un giovanotto del 1971 nato a Codogno e residente nel Basso Lodigiano. Convivo con Lara, ho una figlia, Elisa, e sono il primo di quattro fratelli. Mi sono laureato in Economia e Commercio, ma ho ereditato dal mio compianto papà Umberto la passione per la scrittura. Lui, oltre a essere uno storico amministratore locale, si era appassionato di storia lodigiana e aveva scritto diversi libri sull’argomento. Io, dopo la sua morte, ho curato la pubblicazione di due biografie: E Sono Solo Un Uomo (che racconta la vita del sacerdote missionario Don Mario Prandini) e Il Re Povero (che ripercorre tutto quello che mio padre ha combinato su questa terra). Dal 2008 presiedo anche un Centro Culturale che mio padre aveva fondato nel 1991 e che ora porta il suo nome

25 Commenti

  1. Enita Di Basilio

    Grazie!
    Finalmente qualcuno che scrive con chiarezza di esposizione e conoscenza dell’argomento. Articolo da stampare, leggere e ri-leggere!!!!

    Rispondi
    • Dario Migliorini

      Grazie, Enita. Sei una nuova amica e il tuo entusiasmo, insieme alla passione per Bruce e per la musica, sono benzina per continuare in questa avventura

      Rispondi
    • Simona Rosati

      Grazie per l’excursus di questo meraviglioso concerto! Sei riuscito a rintracciare un fil rouge che lega tutti i brani del Boss, ci hai spiegato in modo chiaro ed emozionante il pensiero di Bruce Springsteen che sottende le sue canzoni.

      Rispondi
      • Dario Migliorini

        Cara Simona, grazie. La passione e la conoscenza dei suoi testi mi portano ad approfondire elementi forse non immediati. Del resto Bruce mi ispira da sempre, persino nella scrittura del mio romanzo Coupe DeVille.
        Conitnua a seguirmi. A presto, Dario

        Rispondi
  2. paolo musto

    Complimenti! Bella chiara e limpida la tua recensione ma non è facile descrivere le emozioni e l’energia che ti trasmette BRUCE. Ho avuto la fortuna di essere a San Siro 1985 e rivivere a Roma 2016 due momenti indimenticabili della mia vita.
    Ciao in attesa di domenica

    Rispondi
    • Dario Migliorini

      Grande Paolo, l’invidia che proverò sempre per te e per chi è stato al concerto del 1985. Io ero troppo piccolo, 14 anni non ancora compiuti, anche se già conoscevo Bruce da un paio di mesi. Ora tutti a Roma

      Rispondi
  3. anna maria

    grande dario! solo tu potevi così splendidamente diradare la nebbia, reale e metaforica, di questa giornata memorabile!
    sorvolando sulle critiche feroci, sulle delusioni e sui dubbi che hanno travolto il “popolo” springsteeniano, sei riuscito a mantenere la barra dritta e a parlare solo di quello “what we’re here for”.
    in fondo la sua musica aspettavamo, e la sua musica ci ha dato, con tutto l’amore, con tutta l’energia di cui è ancora fornito, a 73 anni suonati!
    le emozioni sono le stesse che voi fortunati avete provato da anni, ci sarà tempo per sviscerare altre questioni.
    mi pare di capire che anche tu sei arrivato alla conclusione a cui io stessa ero arrivata, non appena ascoltato il suo letter to you. bruce considera conclusa la sua narrazione, ha già detto e raccontato tutto quello che considerava importante condividere con il suo pubblico. e per confermare la cosa il disco successivo è stato il tanto criticato album di cover.
    naturalmente non è facile immaginare che uno come lui tiri i remi in barca, e forse non è altro che la recrudescenza della sua depressione, indotta da questi 4 anni terribili di pandemia a mettergli quel velo di tristezza che mi pare di aver colto nelle sue apparizioni
    io per adesso lo vedo così. spero di sbagliarmi. e anche se non mi sbaglio, spero che lui riesca a superare questo momento triste.

    Rispondi
    • Giovanna Marchi

      Bellissimo articolo chiaro semplice. Il mio primo concerto di Bruce d è stato molto emozionante!!! Lo hai descritto alla perfezione.
      Grazie
      Giovanna

      Rispondi
      • Dario Migliorini

        Giovanna, grazie davvero. Posso immaginare che emozione il suo primo concerto. E Bruce ce l’ha messa tutta per non far sentire il passare del tempo e l’aumento della sua età. COntinua a seguirmi e se ti va, leggi questo articolo. Ho tentato di condensare in mezzora tutta la sua carriera. Può essere utile come panoramica in cui orientarsi per approfondire Bruce e la sua musica.

        Rispondi
    • Dario Migliorini

      Cara Anna Maria, grazie per il commento, sempre pieno di spunti e di riflessioni su cui soffermarsi. E’ incredibile come l’argomento della fine, della morte, aleggi sopra uno show di tre ore di rock e di festa. Nella mia recensione ho tentato di misurare questo aspetto, aiutando a superare le barriere linguistiche. Ma questa volta è stato lo stesso Bruce, nei momenti clou, a mettere i sottotitoli alle canzoni e ai momenti parlati che voleva fossero compresi. In merito al futuro, tu sei molto “definitiva”, io non so. Bruce è indubbiamente stanco (anche se non si direbbe). Però due riflessioni: a) inizia con No Surrender (abbiamo giurato fratelli di sangue di non arrenderci) e il messaggio potrebbe essere quello di voler continuare finché ne avrà; b) è l’ultimo rimasto della sua prima band, ma sta ancora scrivendo cose belle, ha una mamma di 98 anni che gli dà la speranza di vivere ancora tanto. In futuro potrebbe fare musica più acustica, meno impegnativa. Potrebbe tornare nelle piccole arene e nei teatri. Ci sono tante possibilità. Tu lo conosci da poco, ma Bruce da almeno 25 anni, cioè da quando ha riunito la band, ci ha riservato un sacco di sorprese.

      Rispondi
  4. Matteo

    Quoto in toto quanto hai scritto.

    Rispondi
    • Dario Migliorini

      Grazie mille, Matteo… alias Capitan Harlok…leggo dalla mail (-:
      Sono contento che tu condivida le mie impressioni. COntinua a seguirmi.

      Rispondi
  5. Corrado Sardella

    Ottima recensione. Unico neo, ma fa ignorante della musica nn ne sono certo, è stata Born in the USA , con una distorsione e vibrazione dei bassi che ha rovinato il brano. Non penso fosse voluta

    Rispondi
    • Dario Migliorini

      Corrado, ti do pienamente ragione. Posso capire che Bruce la voglia suonare per il suo significato e per quello che ha rappresentato nell’immaginario comune, ma purtroppo le basse frequenze fanno un brutto scherzo in quei momenti, è successo in entrambi i concerti. E la sua voce lì è davvero al limite, ma questo va bene così, è giusto che faccia quello che si sente.

      Rispondi
  6. Giovanni Trombetta

    Gran bella recensione, complimenti! Si vede che è sentita e che è scritta a caldo dopo quell’onda emotiva che Bruce ti scaglia contro durante quelle ore meravigliose…

    Rispondi
    • Dario Migliorini

      Hai scritto bene. Ti scaglia proprio addosso tutto, Bruce. Ora persino la morte.a noi ormai abbiamo la pellaccia dura, come la sua 😉😜

      Rispondi
  7. Alberto Magni

    Articolo fantastico quanto l’artista incommensurabile e cioè Bruce.
    Fortunati i ragazzi che l’hanno ieri sera.
    Ma come si dice: una cosa desiderata quando s avvera è ancor più.bella a fine luglio potremo godere anche noi di queste infinite emozioni.

    Rispondi
    • Giuseppe del fratee

      Grazie per avermi fatto rivivere le emozioni vissute durante il Concerto e che non mi hanno distolto, anzi hanno rafforzato, la vicinanza a chi ha, e ancora soffre, tanto patito e perduto. Come hai scritto il Concerto ha fornito tanti spunti di riflessione su momenti della vita più’ o meno belli, ma pur sempre nostri e da vivere. Arrivederci a Monza, sperando che i miei 80 anni non mi facciano un brutto scherzo.

      Rispondi
      • Dario Migliorini

        Che meraviglia, Giuseppe. Ti ammiro tantissimo per la tua passione e la tua caparbietà. Certo che ci ritroveremo a Monza. Sei un grande.
        E poi hai fatto bene a scrivere il Concerto con la C maiuscola.

        Rispondi
    • Dario Migliorini

      Dai, Alberto, tieni duro. Arriverà anche il 25 luglio. Bruce sarà sfinito, ma quella sarà l’ultima sera del tour europeo e Bruce darà tutto.
      Grazie per la lettura e per i complimenti, continua a seguirmi

      Rispondi
  8. Raffaela

    Grazie pure io ho rivissuto i bellissimi momenti del concerto mi piace molto quello che hai scritto.

    Rispondi
    • Dario Migliorini

      Grazie Raffaella, sono felicissimo. Se ti va continua a seguirmi sul mio blog. Scriverò di Bruce “until the end”

      Rispondi
  9. Daniela

    Ciao Dario, è da giovedì che provo a scrivere qualcosa di sensato!
    Sono stata travolta
    letteralmente dal concerto.
    Hai detto tutto, e bene, quel che si poteva, mi permetto di aggiungere un sentimento mio: a me è sembrato che la forza di quest’uomo sia in quella crepa dalla quale fa uscire la sua fragilità, quella ti arriva e parla con fragilità che hai dentro. Da lì hai la sensazione che non stia cantando per migliaia di persone ma che ce l’abbia con te proprio, almeno a me ha fatto questo effetto.
    Ho pianto, riso, ballato, e pure cantato, scoprendo di conoscere più ritornelli di quanti credessi.
    Ad un certo punto ho avuto la sensazione tristissima che ci fosse un intenzione del tipo “lasciamoci con un buon ricordo”.
    Comprendo che debba essere difficile reggere tutto il peso della sua carriera ed essere ancora capace di dare tanto, ma spero ci pensi ancora un po’ prima di smettere…
    Un abbraccio! Alla prossima…

    Rispondi
  10. Alfio

    Ho letto un profondo e preciso ed emozionante giudizio su quanto visto a Ferrara e su contenuti poetici in generale della opera di BRUCE. Grazie per la perfetta sintesi che porta correttamente atmosfere vissute in tanti concerti

    Rispondi
    • Dario Migliorini

      Alfio, grazie mille per la lettura e per l’entusiastico commento. Penso che il rock e, più in generale, la musica popolare, abbia saputo trasportare tanta poesia. E Bruce è indubbiamente uno dei più grandi letterati tra quelli che hanno sfruttato la musica come veicolo di trasmissione. Nell’articolo di presentazione di Bruce ho tentato di condensare la sua carriera in mezz’ora di lettura. Una follia, ma forsepuò aiutare a orientarsi in quella magnitudine che è la sua opera. Continua a seguirmi e a commentare

      Rispondi

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