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Recensione concerto Bruce Springsteen Roma 21 maggio 2023

Aggiornato il 22 Mag, 2023 | Words and Music |
Recensione concerto Bruce Springsteen Roma 2023

“Quello non può essere Bruce.” “Il silenzio del Boss.” Due titoli che, oltre a garantire la vendita di un po’ di copie dei giornali o visualizzazioni sui siti su cui sono apparsi, hanno scosso il mondo dei fan springsteeniani dopo il concerto di Ferrara del 18 maggio (leggi qui la mia recensione). A volte succede che creiamo il “mostro”, con i media che fanno da cassa di risonanza. Poi ci aspettiamo che quel “mostro” faccia quello che vorremmo noi. Ma Bruce Springsteen ha preferito rispondere nel modo che gli riesce meglio: musica e sudore. Aggiungo le lacrime, o almeno quella commozione che gli ha fatto tremare la voce, mentre ricordava l’amico scomparso nella essenziale Last Man Standing. Se già Ferrara aveva visto uno Springsteen in ottima forma e di buon spirito, tanto da far giurare a qualche fan che altri show europei non avevano avuto la stessa intensità, Roma ha ispirato Bruce in una performance musicale, vocale e umana che ha del clamoroso.

Chi fermerà la pioggia?

All’alba dei 2.500 giorni di assenza dal Bel Paese e dal Circo Massimo (2.499 per l’esattezza dall’ultima esibizione del 16 luglio 2016), Springsteen sfodera un concerto sanguigno, viscerale, senza esclusione di colpi. Non è tanto per la scaletta (altra polemica di cui si sta abusando oltre l’umana sopportazione), che vede qualche modifica rispetto a Ferrara in un impianto che rimane per gran parte confermato, quanto per l’intensità (e un ritrovato sorriso) che Bruce mostra già dai primi brani. Ma andiamo con ordine. Il vigoroso ma educato popolo dei Tramps si è radunato fin dalla mattina nei dintorni del Circo Massimo. Nel pomeriggio d’attesa tre acquazzoni a distanza di mezz’ora l’uno dall’altro hanno colpito le decine di migliaia accorse nell’attesa di Bruce. Acqua benedetta, ma nella testa di ognuno il “let it rain” che Bruce canterà poi in Mary’s Place ha sicuramente lasciato il posto in quei frangenti al “who’ll stop the rain“di Fogerty e soci e al “waitin’ on a sunny day” dell’omonima canzone di Bruce del 2002.

Il suo amore non deluderà Roma

Dopo l’esibizione dell’esuberante classic rock degli White Buffalo e del confermato Sam Fender (molto gradito a Roma come a Ferrara), in un’atmosfera finalmemente “asciutta” Bruce e la fedele E Street Band in versione extralarge fanno il loro trionfale ingresso sul palco alle 19.28, addirittura in leggero anticipo sulla tabella di marcia. Sono due le canzoni che Springsteen antepone alla consueta No Surrender come apripista. La rockeggiante My Love Will Not Let You Down arriva non solo per scaldare i muscoli e le ugole dei circa 60.000 del Circo Massimo, ma soprattutto per lanciare un messaggio inequivocabile: “Il mio amore non vi deluderà”, canta Bruce, quasi a rassicurare un popolo che non sembra aver bisogno di conferme, ma certamente le gradisce. L’ultimo eroe innocente poi colpisce subito duro con Death To My Hometown, l’urlo disperato di un uomo che ancora oggi, lungi dall’oziare nella bambagia, sta girando il mondo a denunciare le ingiustizie e le morti che la stessa classe dominante provoca. Percussioni, violino e fisarmonica ci riportano in quel folk di matrice irish che scorre nelle vene di Springsteen, insieme a un sangue per metà nordeuropeo e per metà italiano.

Leggi la mia presentazione di BRUCE SPRINGSTEEN

 

Un concerto “concept”

Con No Surrender si torna sui binari di una scaletta che potremmo definire “concept“, almeno fino all’emozionante accoppiata Last Man Standing/Backstreets. Springsteen conferma a Roma (e Roma conferma a Springsteen) che quei fratelli di sangue non si sono mai arresi. Non solo quella compagnia di settantenni che cinquant’anni dopo porta il vecchio circo di Wild Billy di città in città, ma anche quella folla sterminata di anime e corpi che canta, balla ed esulta (in una parola, vibra), nonostante i decenni trascorsi.

La missiva per noi

Ghosts, uno dei nuovi brani, è un rock trascinante in cui il desiderio di vita (“Sono vivo e posso sentire il brivido di sangue nelle mie ossa”) non scaccia via il pensiero degli amici morti, ma tenta di riportarli in presenza, fantasmi che aleggiano sopra il cielo plumbeo dell’Urbe. La title-track dell’ultimo album, Letter To You, è invece la sincera lettera, quasi un testamento tra vivi, che Bruce invia ai suoi fan, uno per uno. Il testo che Springsteen ha voluto far scorrere sui maxischermi è tradotto con “lettera a te” e non come “lettera a voi“. Quasi che Bruce, come ha sempre dichiarato, veda il suo pubblico come singole persone, ognuna con la sua faccia, ognuna con la sua storia.

È ancora la leggendaria E Street Band

Intorno alle due canzoni dell’ultimo Letter To You, Bruce torna al suo passato musicale, entrato di diritto nella leggenda. La volontà di combattere nella notte della Città Eterna non è espressa solo a parole e a intenzioni, ma anche con le eterne note di rock’n’roll. In Prove It All Night Springsteen mostra di possedere ancora un’ottima tecnica nelle dita che scorrono sulla sua usurata Fender Telecaster. Una clamorosa Darkness On The Edge Of Town ci restituisce un Bruce in ottima condizione vocale, con quell’urlo finale che devono aver sentito anche dalle parti del Lido di Ostia. In The Promised Land, come in No Surrender, ritroviamo l’uomo che, invecchiato ma ancora con una notevole energia nei serbatoi, giura che proverà a spazzare via ciò che “ti lascia null’altro che perduto e con il cuore spezzato“. In Kitty’s Back, infine, una E Street Band allargata agli E Street Horns e all’E Street Choir, bussa con colpi potenti al portale del rock con un brano che sfiora i dieci minuti di durata, tra assoli, stacchi e le ritmiche sincopate dello swing. L’esempio perfetto di una qualità di suono e di un’intesa non scalfite da 50 anni esatti di storia del rock.

Un infinito turno di notte

Se Out In The Street è una concessione al più nitido degli E Street sound con un primo momento di sfogo della granitica amicizia e collaborazione con il piratesco e rilassato Stevie Van Zandt, Nightshift ci riconduce al tema che nemmeno tanto sottilmente si nasconde nel solco della setlist. Oltre ai vecchi amici, anche alcuni mostri sacri di quel tesoro culturale che è la musica popolare americana se ne sono andati troppo presto. Eppure, ogni volta che ascoltiamo un brano di Marvin Gaye e Jackie Wilson, ogni volta che le loro voci squarciano l’etere, sentiamo ancora forte la loro presenza. Come se da qualche parte nell’universo loro continuino a fare “un infinito turno di notte“. Il modo con cui Bruce “fabbrica” l’esecuzione dal vivo di Nightshift, unendo soul e gospel, con uno strepitoso Curtis King ad affiancarlo ai cori, è un nuovo esempio della sua sensibilità musicale.

Si festeggia anche nell’assenza

Mary’s Place, altro brano su cui Springsteen investe molta energia, ha una perfetta logica dopo Nightshift. Dal punto di vista musicale i cori gospel restano centrali, quasi che quel “let it rain” così ripetuto, assuma un forte significato simbolico. Lasciamo che piova, lasciamo che arrivino i momenti difficili e di tristezza, lasciamoci permeare dai ricordi di Mary e di chi non c’è più, ma in qualche modo traiamo forza da essi, così da trovare un nuovo motivo per sorridere. E magari di ballare, come facevano Adele Zirilli e le sue sorelle, per affrontare i tempi duri. O come quello E Street Shuffle che Bruce e la band, partiti da un anonimo incrocio di Belmar, New Jersey, danzano da 50 anni in ogni angolo del mondo.

L’ultimo rimasto

L’assenza fisica delle persone che ci hanno lasciato raggiunge il momento più alto con Last Man Standing, brano dall’ultimo Letter To You. Una canzone scritta quando Bruce si è reso conto di essere rimasto, appunto, l’ultimo uomo ancora vivo della sua prima band (dopo la morte di George Theiss, fondatore dei Castiles). Un significato che lo stesso Springsteen tiene a sottolineare nel più lungo ed emotivamente forte monologo della serata. L’inatteso legame musicale che connette Last Man Standing a una favolosa Backstreets ci offre qualche indizio sull’antica amicizia che legava il protagonista di quella canzone al Terry (o alla Terry) del testo. Uomo o donna che fosse, Terry è qualcuno che allora ha rappresentato un’amicizia difficile ma intensa, ma è anche qualcuno che oggi non c’è più e che Bruce dice, sospirando, di voler conservare nel proprio cuore.

Grandi classici per il primo finale

Dopo Backstreets Bruce insiste nel ripercorrere alcuni dei brani senza tempo della sua carriera, insieme ad alcune “instant classic” della produzione relativamente più recente. Così arrivano Because The Night, una delle sue più belle rock hit di sempre che lascia risplendere la classa genuina del folletto Nils Lofgren, e la robusta e sensuale She’s The One (che ci riporta dalle parti di Bo Diddley, Muddy Waters e del rhythm & blues), poi Wrecking Ball e The Rising, che in modi diversi invitano a far sentire la propria voce, da un lato per difendere i propri valori e le proprie certezze, dall’altro per incoraggiare chi è più sfortunato a rialzarsi e a ricostruire ciò che è stato perduto. Infine Badlands e Thunder Road restituiscono quel senso di profondità, soprattutto quei messaggi che, ora come allora, ci indicano una strada. Quella di non fermarsi e di lottare. Che sia per cercare una terra promessa o per imporre alle terre dove abitiamo di trattarci un po’ meglio. Con una covinzione che ci deve sempre accompagnare: che non ci sia peccato nell’essere felici di essere vivi, anche nel ricordo di chi non c’è più. Ecco che allora quel verso di Badlands diventa un ponte lungo 45 anni con quello che oggi Bruce traccia nel commovente speech prima di Last Man Standing.  

Leggi la mia presentazione di BRUCE SPRINGSTEEN

 

Si corre ancora

Il tempo di un finto saluto alla fine della setlist principale e si riparte. E’ difficile capire il senso di una fasulla uscita di scena della band che invece rimane sul palco, senza che nemmeno Max Weinberg possa asciugarsi la fronte e il collo dal sudore, ma glielo perdoniamo con un sorriso. Lo stesso che compare sul suo viso in una serata di assoluta fusione sprituale. Born In The Usa strappa la voce di Bruce fino alla soglia della rottura, ma lui tiene ancora tanto a ricordarci gli errori che la sua Nazione ha compiuto con la guerra in Vietnam. Ecco ancora il tema della morte (con suoi riferimenti a una città di morti nell’incipit e al fratello del protagonista ucciso in quella terra straniera). Born To Run, invece, con le luci accese a festa, ci esorta ancora a correre, a qualsiasi età e in qualsiasi condizione. Bruce si unisce a Roma e all’Italia in un everlasting kiss, bacio infinito pieno d’amore.

Amicizie

Bobby Jean e Glory Days celebrano le vecchie amicizie, specie quella con il variopinto Steve Van Zandt, magro da far quasi spavento ma ringiovanito nello spirito. Una nuova stagione che ha dato a Steve una linfa che non gli vedevamo da un po’. Non solo (auto)celebrazione, ma anche nuova voglia di sporcarsi le mani nell’officina del capo Springsteen e nella factory del rock’n’roll. Bobby Jean è dedicata a lui e quella canzone che risuonava in qualche camera di motel in giro per l’America fa ancora capolino nell’arena romana, con 60.000 gladiatori che muovono in perfetta armonia le braccia da un lato all’altro. Arriva poi il momento di ricordare i Glory Days. Insieme al fidato e complice amico Springsteen inscena il momento più leggero e folle del concerto. A quanto ha dato a vedere anche a Roma, l’uomo del New Jersey non si è ancora seduto a bere e a ricordare i suoi giorni di gloria.

La Decima Avenue non è tagliata fuori!

Dancing In The Dark, una delle canzoni che, senza che lo sapessimo fino in fondo, dipingeva già allora lo stato “autobiografico” di un uomo che non riusciva più a sopportare se stesso, diventa ormai una festa rock. Il famoso ballo con una ragazza scelta tra le prime file è stato sostituito da un momento di apparente machismo: Bruce si strappa la camicia e mostra i suoi pettorali, ancora scolpiti. Sembra una scena da “maschio alfa”, ma in fondo è solo un modo per dirci ancora qualcosa: sono vivo, sono forte, perché ho lavorato duro e continuo a farlo. Tenth Avenue Freeze-Out, al termine di un concerto come quello di Roma, ancora una volta ci testimonia che quell’incrocio tra la E Street e la Tenth Avenue, là dove tutto è cominciato, non è stato per nulla tagliato fuori. Un’altra crossroad diventata celebre, dopo quelle che hanno portato uno dei padri, Robert Johnson, a vendere l’anima al diavolo in cambio dell’immortalità. Della sua musica, almeno. E’ il momento di ricordare Clarence Clemons e Danny Federici, due tizi che in quell’incrocio erano presenti, due che hanno contribuito a segnare la strada.

Siamo vivi

E se le ultime immagini nei maxischermi ci mostrano gli occhioni buoni di Big Man e il viso furbo di Phantom Danny, allora la grande festa non può che chiudersi con una preghiera. Il laico profeta del rock ci chiede di credere a qualcosa che non ha nulla a che vedere con la promessa di un paradiso in cielo. In I’ll See You In My Dreams, il suo nuovo piccolo capolavoro lirico, Bruce canta “Ti rivedrò nei miei sogni, là oltre l’ansa del fiume, perché la morte non è la fine”. Nessuno sa cosa ci sia oltre quell’ansa, un’ansa che si avvicina ogni giorno, ma Bruce sa che oltre la morte fisica c’è qualcosa che ci manterrà vivi. E quel qualcosa sarà inevitabilmente ciò che abbiamo lasciato di noi stessi su questa terra. Solo così qualcuno continuerà a vederci nei suoi sogni.

Tutti a bordo: il circo è pronto per la prossima fermata

Ma intanto siamo ancora qui in tanti e le nostre gambe hanno ricevuto una scossa quando il mostruoso Mighty Max Weinberg ha picchiato duro sul rullante. Quando le dita veloci e leggere di Roy Bittan hanno danzato il tip tap come Fred e Ginger . Quando la gentile mano di Garry W. Tallent ha accompagnato il sentiero melodico tracciato dal suo capo. Quando la classe cristallina di Nils Logfren e la vibrazione viscerale di Steve Van Zandt ci hanno aiutato a trovare la direzione. Quando la “pisana” Soozie Tyrell ci ha portato in luoghi distanti con il suo violino. Quando Charlie Giordano e Jake Clemons ci hanno ricordato, con entusiasmo e discrezione, quanto sia stato bello vivere nella stessa epoca di Danny Federici e di Clarence Clemons.

L’equilibrio di Bruce

Quanto si è discusso – forse inutilmente o forse era giusto così – sul nuovo tour di Bruce. La scaletta statica, un incedere più stentato nei suoi movimenti, la sua voce forzata quasi oltre le sue attuali potenzialità. Ora forse, in particolare dopo un concerto così spudoratamente bello come quello di Roma, tutto è più chiaro. Bruce Springsteen sta vivendo un momento di grande fragilità, partendo già da una situazione di equilibrio psicologico precario, perché sente la fine più vicina. Ha deciso di rimettersi in strada (e in discussione) sapendo di rischiare, e lo ha fatto senza nascondere i motivi del suo malessere. Anzi, ce li ha proprio sbattuti in faccia, senza maschere. Il risultato? Noi lo amiamo ancora di più, io almeno. L’ennesima prova di un’artista che è soprattutto un uomo. Solo con quell’onestà e quella sincerità ha potuto tornare, per incarnare ancora una volta il miracolo vivente del rock. O semplicemente l’amico che ci accompagna in un percorso di vita che non può nascondere nulla, nemmeno la fine.

Leggi la mia presentazione di BRUCE SPRINGSTEEN

 

Dario Migliorini

 

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Dario Migliorini

Dario Migliorini

Autore

Mi presento… sono Dario Migliorini, un giovanotto del 1971 nato a Codogno e residente nel Basso Lodigiano. Convivo con Lara, ho una figlia, Elisa, e sono il primo di quattro fratelli. Mi sono laureato in Economia e Commercio, ma ho ereditato dal mio compianto papà Umberto la passione per la scrittura. Lui, oltre a essere uno storico amministratore locale, si era appassionato di storia lodigiana e aveva scritto diversi libri sull’argomento. Io, dopo la sua morte, ho curato la pubblicazione di due biografie: E Sono Solo Un Uomo (che racconta la vita del sacerdote missionario Don Mario Prandini) e Il Re Povero (che ripercorre tutto quello che mio padre ha combinato su questa terra). Dal 2008 presiedo anche un Centro Culturale che mio padre aveva fondato nel 1991 e che ora porta il suo nome

9 Commenti

  1. Antonio

    Inappuntabile disamina caro Dario. Io ieri non appena l’ho visto arrivare sul palco mi sono commosso. Ha messo a tacere quelle fastidiose e inutili polemiche dei giorni scorsi come solo lui sa fare, con la Musica. Musica di alto livello, spaziando dal rock al blues al soul.3 ore senza pause. Uno dei momenti più alti, senza dubbio é stato per me Kitty’s Back. Favolosa anche la versione dal vivo di Nightshift con uno strepitoso Curtis King. Molto toccante il momento di Last man standing. Ho avuto la fortuna di assistere ad un performance impeccabile sotto tutti punti di vista. Sapevo che non mi avrebbero deluso. É stata una di quelle serate che ti rimangono dentro per sempre!Ma il sogno continua…da oggi é cominciato il conto alla rovescia per Monza!

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    • Dario Migliorini

      Caro Antonio, hai scritto cose che condivido in pieno. Anche per me Kitty’s Back momento incredibilmente alto. I ragazzi ci danno ancora dentro. Nelle mie preferenze assolute anche Last Man, Backstreets, Darkness, ovviamente Thunder Road. E I’ll See you in my Dreams, perché la morte non è la fine. A Monza…

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  2. Giovanni trombetta

    Ero anche io tra i 60000 fortunati a Roma ieri. Condivido tutto e la chiusura dimostra non solo intelligenza e sensibilità, ma avere dentro chi è Bruce. Grazie!

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    • Dario Migliorini

      Giovanni, grazie. Avviamo assistito a, un nuovo miracolo. E sul finale, sì, volevo trovare il modo di far capire quanto certe scelte abbiano un senso. Può sembrare strano dirlo, ma Bruce è stanco, ha meno energie, anche psicologiche è mentali, come è normale che sia. Ma tutto quello che ha lo vuole mettere in un messaggio che deve essere chiaro e senza mezzi termini.

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  3. anna maria

    ed eccomi qui, I’m alive!!! ma non era scontato…
    dunque, parto da casa verso mezzogiorno, avendo mangiato solo 2 patate lesse e una banana.
    purtroppo alle 11 avevo la visita di una famiglia di cacacazzi che voleva comprare casa. e così abbiamo saltato il pranzo. ma ho riempito lo zaino di merendine e biscotti e siamo partiti.
    mio figlio aveva fatto diversi piani su come arrivare, treno fino a termini (abitiamo fuori roma) e di lì a piedi. oppure parcheggio a piramide e poi metro. ma alla fine abbiamo proseguito in macchina e il navigatore ci ha portato alle terme di caracalla. e chi è di roma già può ridacchiare perchè lo sa cosa evoca per noi questo luogo. e infatti lì c’è stata la prima e unica botta di culo di tutta la giornata. abbiamo trovato un bellissimo parcheggio libero e aggratis a pochi passi dai cancelli. e già lì, alla vista delle persone in fila, i cartelloni e tutti i ragazzi dello staff, che vi devo dire? mi sono commossa. il sole splendeva e dopo un pò mi sono data della stupida per non aver portato un cappello. qualcuno a cominciato a sedersi per terra sull’erba e io l’ho imitato. lì ho scattato la mia prima e purtroppo unica foto, una foresta di gambe intorno a me. c’era un albero che faceva ombra ma a me non arrivava. ho sperato che quelli davanti a me me ne facessero un pò con i loro corpi, ma purtroppo erano due ragazzi spagnoli che dovevano essere di origine sarda, erano alti un tappo e mezzo. dopo aver assistito a un pranzo luculliano di una tipa bionda permanentata davanti a me finalmente è scoccata l’ora fatidica. poca e tranquilla fila e dentro! la mia entrata era sulla destra voltando le spalle al palco, l’ho visto molto vicino e un pò correndo, un pò no, siamo subito arrivati alle transenne dietro il pit, bene! felicissima! subito transennara doc! non ci speravo! e invece sono cominciati i guai! i nuvoloni neri che ci giravano sopra le teste hanno cominciato a fare il loro sporco lavoro. va beh, tanto ho il kway, ho pensato con entusiasmo. l’ho messo e ho subito scoperto che non serviva a un cazzo. l’acqua penetrava dentro, non so come e non so da dove. mi ha fatto anche un effetto sauna, e mentre addentavo un panino schifoso comprato lì, boooom!!! sono caduta nel fango come una pera cotta semisvenuta. per fortuna eravamo a due passi dalla tenda del presidio medico e mi hanno stesa su una barella. infermieri, dottori e dottoresse, tutti molto giovani, si sono prodigati per capire cosa mi era successo. continuavano a chiedermi se prendevo farmaci e non potevano credere che alla mia età non ne avevo bisogno. ho spiegato che ho sempre sofferto di pressione bassa nella vita, e vado soggetta a questi cali improvvisi specie a digiuno e quando fa caldo. mi hanno tenuto le gambe sollevate, come faccio anch’io a casa quando mi prende così, e dopo un pò mi sono ripresa. purtroppo però il posto in prima fila era perduto! la pioggia continuava a cadere, ero tutta bagnata e sporca di fango. mio figlio ha avuto la felice idea di tornare in macchina, tanto era vicino, e lì ci siamo asciugati e riposati un pò. io non ho di solito problemi di incontinenza, a volte sto anche una giornata senza andare al bagno, ma lì, con tutta quell’acqua ho avuto paura di non farcela e ci siamo messi in fila per i bagni, mezz’ora prima dell’inizio del concerto! naturalmente non ce l’abbiamo fatta, e così mi sono persa l’entrata e le prime 3 canzoni. e passi per le altre due, ma no surrender, cazzo! ci tenevo proprio a cantarla a squarciagola! e a proposito di questo, si dice che il popolo springsteeniano conosce tutte le canzoni e le canta insieme al boss. beh, non è vero! forse il popolo eletto del pit, ma in the edge of town proprio no. al massimo riuscivano a sparare qualche “oh ohohoh” ma parole niente, le cantavo solo io! al darkness, confesso, mi è scappata la lacrimuccia. quando siamo a backstreets ecco che mi riprende la sudarella, mi aggrappo a mio figlio e anche lì, dall’altra parte del prato dove ci eravamo fermati dopo i bagni, sarà per fortuna o che inconsciamente avevamo cercato un posto vicino a un pronto soccorso, ho fatto accorrere altri medici. questa volta mi hanno portato in barella perchè c’erano le scalette da salire. mi facevano delle domande per vedere se ero lucida, mi sono un pò scocciata, sul palco partiva wrecking ball e gli ho detto “volete che vi canti questa canzone?” si sono messi a ridere “non abbiamo dubbi che le conosce tutte” ma lì ho barato perchè proprio di quella non conosco il testo. e va beh, altre misurazioni, pure l’elettrocardiogramma! si sono meravigliati quando ho detto la mia età, non volevano crederci, lei è sana come un pesce! ho ascoltato tutte le mie preferite sdraiata su quella barella, e niente, sommessamente mi scappava di cantarle anche lì, mentre mio figlio mi consigliava di andar via, tanto ormai manca solo mezz’ora e te ne sei perse poche. manca il meglio, giusè! ma ho preferito ascoltarlo, poverino, ha avuto tanta pazienza e per stare dietro a una vecchia pazza non ha potuto neanche godersi lo spettacolo, che ho avuto il leggero sospetto stesse piacendo pure lui. mentre ci avviavamo al parcheggio suonava glory days e per strada avevo la forza di cantare “glory days papparappa” fermati al mac, cena in macchina e via, a casa. dove non ho avuto il coraggio di raccontare niente. tutto bene? vi siete divertiti? sìsì, tutto bene! hai cantato, hai ballato? sisi!

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  4. Fabio

    Io non ero lì ma già i video su youtube trasmettono gran parte di quello che hai scritto. Non vedo l’ora di essere a Monza dove sono certo vivrò le stesse emozioni, anzi speriamo anche di più.

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    • Dario Migliorini

      Fabio, ho visto Ferrara e Roma. Ferrara già mi è sembrato di una forte intensità, ma a Roma si è superato. Forse anche per un pubblico straordinario. A Monza sarà bellissimo. Bruce sarà sfinito, ma sarà la chiusura del tour europeo, quindi l’ultima data prima di un po’ di vacanze è quindi darà il massimo

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  5. MAURIZIO

    BELLO, UMANO, INTELLIGENTE E SENSIBILE PEZZO PER CHI CI DA’ TANTO DI SE’ PER ACCOMPAGNARCI NELLE NOSTRE VITE, BRAVO, E SEMPRE GRAZIE BRUCE.

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    • Dario Migliorini

      Davvero, Maurizio. Bruce è così. Non ha mai fatto moralismi, non ha mai fatto il professorino che ci dice cosa bisogna fare. Ma nel raccontarci la sua vita e quella dei suoi eroi perdenti, ci ha aiutato a guardare un po’ più profondamente nella nostra. COntinua a seguirmi e torna a commentare i miei articoli.

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