Moa Holmsten, superba cantante svedese che unisce voce, grinta e sensualità con un risultato dirompente, è ormai di casa in Italia. In particolare a Bergamo dove, grazie al sostegno dell’associazione Noi & Springsteen di Alberto Lanfranchi e soci, ha già suonato tre volte. L’ultima è stata venerdì sera, 22 settembre, ancora al Druso di Ranica, alle porte della città del Donizetti. Il locale di David Drusin, ex cestista professionista e grande appassionato di musica, è una vera sala concerti, tra le poche che ancora propongono un folto calendario musicale, concentrato prevalentemente su rock a affini. Il connubio di Moa Holmsten con Noi & Springsteen non è casuale. Pur avendo alle spalle anche lavori inediti, specie con la band metal Meldrum ma anche da solista (suo l’album Do You Want Me, Death? del 2010), l’energica cantante svedese si è fatta strada nel panorama musicale europeo con le sue originali e apprezzate interpretazioni delle canzoni di Bruce Springsteen, che sono poi finite in un album, Bruised Arms & Broken Rhythm.

Bruce Springsteen rivisitato

Fondamentale è stato, nel 2015, l’incontro con il musicista e vocalist Tony Naima, con il quale Moa Holmsten ha totalmente rivisitato 14 canzoni di Bruce Springsteen, rispettandone testi e significati ma modificando, a volte anche marcatamente, le linee armoniche e melodiche. Non essere fan del Boss della prima ora, e quindi non essere condizionata da anni di ascolti delle sue canzoni, ha permesso a Moa e Tony di rielaborare le canzoni liberamente, senza troppi vincoli. Arrivata in Italia con la sua band in occasione della 24esima edizione dei Glory Days in Rimini (dove ha suonato ieri, 23 settembre, in concomitanza con il compleanno di Bruce Springsteen), la Moa Holmsten Band non ha voluto mancare all’appuntamento con il Druso, memore di due precedenti occasioni di grande successo. Davanti a un pubblico non molto folto ma subito caldo, la band ha proposto una scaletta di 15 canzoni, dividendo lo show tra 10 pezzi di Springsteen e, in coda, quattro brani della Holmsten, prima del ritorno a uno splendido bis springsteeniano, di cui dirò oltre.

Tra hard e alternative rock

Il concerto è iniziato con State Trooper (da Nebraska, 1982), portata subito su ritmi e decibel elevati. Il brano originariamente acustico di Springsteen diventa un pezzo elettrico tra distorsioni e riverberi spettrali, mentre la voce di Moa, che rispetta la linea melodica dell’originale, si spinge lentamente verso ottave che toccano l’alto soffitto del Druso. Anche Sad Eyes (outtake comparsa su Tracks, 1998) è eseguita sulla linea melodica dell’originale, ma anche la sequenza armonica degli accordi non si discosta dalla versione di Bruce. A fare differenza sono gli arrangiamenti. La parte di piano nella versione di Moa in studio viene sostituita dalla chitarra acustica di Tony Naima, che è alla base di tutte le canzoni del concerto. Un segno di originalità, questo: ho l’impressione di aver assistito a un concerto di hard rock e di rock alternativo, eppure a traino di tutto c’era una chitarra acustica. Wow! In ogni caso il pezzo forte di Sad Eyes è l’assetto vocale, dove Moa e Tony Naima, sostenuti anche dal terzo vocalist, nonché chitarrista elettrico, Torbjörn Gjers, donano un non-so-chè di etereo, specie nel finale. Ma le voci sono ancora più protagoniste nell’emozionante rivisitazione di Born To Run, che proprio grazie alla prestazione corale a tre voci riesce a essere muscolare, oltre che profonda fino ai ventricoli del cuore, nonostante venga spogliata dei sontuosi arrangiamenti springsteeniani.

Creative rivisitazioni

Quando inizia Dancing In The Dark (da Born In The USA, 1984), sembra solo di intuirla dai primi accordi, ma poi si esplicita nel canto di Moa, sensuale e coinvolgente, che segue la linea melodica già conosciuta, nonostante le impattanti modifiche negli accordi delle strofe. The River (1980) è una delle meglio riuscite interpretazioni della serata. Difficile riconoscerla nell’incipit, se non intuendola dai primi versi, poi viene eseguita come una ballata che certamente ricorda l’originale, ma se ne discosta soprattutto nelle sequenze di accordi. Da apprezzare in particolare l’originalissima sequenza armonica che introduce i ritornelli dopo le strofe. La successiva Tougher Than The Rest (da Tunnel Of Love, 1987) è tra i brani completamente rivisitati della serata. Davvero difficile riconoscerla se non si conosce il testo. Ritmica più veloce, linea di canto mofidicata, arrangiamenti musicali stravolti. Una versione davvero bella, praticamente una canzone diversa, nella quale Moa Holmsten raggiunge picchi di capacità interpretativa e di sensualità.

Tra hit e chicche

Le canzoni che Moa Holmsten ha selezionato per le sue rivisitazioni non sono solo le hit ma anche le canzoni meno note di Springsteen. È il caso di You’re Missing (da The Rising, 2002), un momento emozionante che Moa canta con il trasporto che richiede un brano scritto nel dolore per le vittime della tragedia dell’11 settembre 2001 a New York, e di We Take Care Of Our Own (da Wrecking Ball, 2012), davvero bella nella sua reinterpretazione in chiave alternative. In mezzo l’esecuzione della celebre Because The Night, che nel testo e negli arrangiamenti richiama molto più la versione di Patti Smith che quella di Springsteen. Chiude la setlist springsteeniana un’inattesa Soul Driver (da Human Touch, 1992), brano certamente meno noto anche tra i fan del Boss, al quale Moa Holmsten dona nuova linfa, con una versione più lenta e vibrante, in cui sono gli arrangiamenti a fare la differenza, in particolare la chitarra elettrica in stile “british” di Torbjörn Gjers.

concerto Moa Holmsten concerto Moa Holmsten

Le canzoni di Moa Holmsten

La setlist della serata, prima del bis, si chiude con quattro brani di Moa Holmsten, estratti dal suo Do You Want Me, Death?, album del 2010. Da questi brani traspare il suo passato Metal, anche come corista dei Motorhead. Hunt You Down è un brano heavy di pura potenza distorsiva, Crush Burn & Die segue sulle stesse sonorità, con una ritmica incessante che sembra portare anche verso il punk rock. I ritmi vanno ancora più veloci in The M in S&M, brano che segue una linea armonica che entra subito nell’orecchio e ti porta a cantare e ballare anche se non conosci la canzone. Il finale del brano è dirompente, uno dei momenti più alti dell’intero concerto. Chiude Crazy, brano più retro che porta agli anni ’60, quelli del soul e del blues di Nina Simone e delle altre interpreti femminili del genere. Moa Holmsten la interpreta con una potenza vocale e un sex appeal che non possono lasciare indifferenti. Il concerto doveva chiudersi così, dopo circa un’ora e mezza, ma il pubblico non voleva ancora andare a casa. La richiesta del bis è stata soddisfatta dalla Moa Holmsten Band con una delle canzoni più amate dai fan di Springsteen. Incident On 57th Street (da The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle, 1973) viene eseguita nella versione rivisitata di Bruised Arms & Broken Rhythm, nella quale la splendida voce di Moa conduce gran parte della canzone in solitudine, accompagnata soltanto da una sottile base musicale e, a canzone iniziata, da un favoloso controcanto. Solamente nel finale entrano tutti gli strumenti, per una chiusura full-band di melodia e potenza, che riempiono la sala del Druso e i cuori dei presenti.

Dall’album in studio al live

Gli arrangiamenti del live show della Moa Holmsten Band non sono solo radicalmente diversi rispetto agli originali di Springsteen, ma si discostano anche dalle versioni che possiamo ascoltare sull’album di cover, Bruised Arms & Broken Rhythm. La formazione della band presentatasi a Bergamo, infatti, non prevede il pianoforte, invece molto utilizzato in studio. Inoltre dal vivo sono molto più limitati i suoni sintetizzati che accompagnano le versioni dell’album. Ne risulta un suono meno melodico e più trascinante, che porta verso l’hard rock, frammisto di rock alternativo con punte di psichedelia. Moa Holmsten ha una voce straordinaria e una verve sul palcoscenico che sbalordisce, una scheggia impazzita che se potesse volerebbe in lungo e in largo per il locale. Il chitarrista e vocalist Tony Naima conduce abilmente lo show con la chitarra ritmica, ma colpisce soprattutto per il suo controcanto, che alterna cori robusti a notevoli vocalizzi in falsetto. Torbjörn Gjers spinge il sound complessivo verso la distorsione, con interventi a volte tendenti al rock più duro, altre volte con ricami che spostano le canzoni americane di Springsteen verso i garage britannici. Completano la formazione il bassista Patrik Grund Strom, che ha curato anche i suoni più oscuri di una sintetizzazione mai ingombrante, e il batterista messicano Pablo Escamilla, pungente e potente come il genere che interpreta.

concerto Moa Holmsten

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Dario Migliorini

 

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