Scritta dall’ex Beatles John Lennon nei primi mesi del 1971, Imagine uscì nell’estate di quell’anno all’interno dell’album omonimo. Nonostante l’assenza di toni duri di protesta per la conquista di ideali e diritti civili, Imagine rappresenta tutt’oggi una delle più celebri e simboliche canzoni-manifesto della storia della musica popolare. John Lennon, in effetti, non usa parole di arringa o di stimolo alla protesta di piazza. Inoltre, sul lato musicale, non inserisce il messaggio in un brano di rock ruvido o, al contrario, di stampo folk alla Dylan. Al contrario incide una canzone dalla melodia molto diretta: semplice e orecchiabile. Un brano pop melodico di facile ascolto che aveva l’intento di superare la disputa sui gusti in tema di generi musicali e di arrivare al pubblico più vasto. Con Imagine John Lennon creò il veicolo musicale perfetto per un messaggio universale che da oltre mezzo secolo viene cantato ovunque nel mondo.
L’UTOPIA DI UN SOGNO
Nella sua semplicità musicale e metrica, Imagine (leggi la traduzione qui) è riuscita a entrare nel cuore della gente e nella storia del rock perché è una canzone dai temi fortissimi, al punto da diventare un vero e proprio manifesto politico. Il 1971 fu un anno particolare. L’ondata rivoluzionaria dei movimenti studenteschi pacifisti e delle grandi manifestazioni musicali del biennio 1968/69 si stava ormai spegnendo, al punto che quegli ideali rivoluzionari sembravano essersi smarriti. Solo dai “figli dei fiori”, una nicchia che faceva dell’isolamento da un mondo che non condividevano, più che della lotta per cambiarlo, ne facevano il proprio credo e il proprio stile di vita. John Lennon con Imagine compì un miracolo di comunicazione con la musica. Scrisse da figlio dei fiori (non ci chiede infatti di scendere in strada e fare la rivoluzione, ma solo di immaginare e di sognare un mondo diverso), eppure riuscì a dare a quel piccolo e semplice brano musicale la straordinaria valenza universale che ancora oggi le viene riconosciuta.
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MANIFESTO COMUNISTA?
Un giorno John Lennon dichiarò che Imagine aveva certamente la valenza di un manifesto comunista per i valori che esprimeva, ma precisò di non sentirsi comunista né di appartenere ad alcun movimento politico. Del resto il messaggio non lascia spazio a diverse interpretazioni: John Lennon ci chiede di immaginare un mondo nel quale non ci siano religioni, nazioni e proprietà. Tre pilastri dell’ideale comunista. Il primo è l’ateismo, o almeno la negazione delle grandi religioni monoteiste che si reggono su una promessa di redenzione post mortem in paradiso e sulla minaccia di una punizione eterna all’inferno. Il secondo è il superamento del concetto di nazione per un mondo globale unificato, senza confini e, va da sé, senza la necessità di combattere per la loro difesa. La canzone è quindi anche un manifesto pacifista. Il terzo è l’eliminazione della proprietà privata e di tutto ciò che genera divisione tra le persone per l’arricchimento degli uni a scapito degli altri. C’è davvero tutto perché Imagine rappresenti quel manifesto.
UN SOGNO UNIVERSALE
Eppure, come detto, John Lennon non ci chiese di schierarci in una lotta di classe o in un battaglia per i diritti o per gli ideali. Il suo invito all’ascoltatore di ogni razza, credo o ceto sociale era solo di sognare, di immaginare che un mondo siffatto potesse esistere. Un messaggio apparentemente onirico e utopico che diventa però del tutto politico dal momento che Lennon non dichiarò un suo personale credo, né si rifugiò in un suo intimo spazio onirico. Lui, in realtà, ci chiese di unirci a lui e ad altri come lui. Ecco che allora il messaggio diventa collettivo, non più personale. E in quanto tale assume una valenza politica a tutto tondo.
LE ACCUSE E LA FINE DEL COMUNISMO
Col superamento dell’ideale comunista, Imagine è comunque rimasta il simbolo di un ideale di unione e di pace, paradossalmente cantato anche negli oratori, perfino nelle chiese. È come se nel tempo abbia prevalso lo spunto pacifista. Detto che, inevitabilmente, John Lennon si attirò addosso le ire degli ambienti ecclesiastici e, in particolare, del mondo cristiano occidentale, allora fu in particolare l’attacco alla proprietà privata a portare grandi polemiche verso il cantante, anche per il fatto che lo stesso risultava proprietario di un ingente patrimonio personale. A queste accuse Lennon (e successivamente anche la moglie Yoko Ono) risposero che il senso generale era quello di pensare a un mondo nel quale venissero cancellate tutte le cose che dividono gli uomini e in cui l’uomo si liberasse dalla bramosia del possesso delle cose materiali. Ribadendo che il suo non era un intento meramente politico, per lui Imagine rappresentava un auspicio di pace e di benessere collettivo condiviso.
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UN ORDINARIO CAPOLAVORO
Pur nella sua essenza politica, il messaggio onirico di Imagine viene accompagnato da un brano musicale davvero semplice e molto orecchiabile. La sua struttura musicale è del tutto tradizionale e priva di variazioni di tema: in essa si trovano solo tre strofe e due ritornelli. Non c’è traccia di break, incisi o assoli. Anche il cantato di Lennon non è accompagnato da cori o controcanti. È evidente la volontà di lasciare la musica a dolce sottofondo di un messaggio idealista, per quanto forte. Nella prima registrazione, che farà da base alla versione che apparirà definitivamente sull’album omonimo, sono presenti solo le parti di basso, batteria e pianoforte (quest’ultimo suonato dallo stesso Lennon). La parte di archi venne invece sovraincisa solo successivamente, poco prima del rilascio del disco nel 1971.
Curiosità
John Lennon prese in prestito lo schema metrico di Imagine da uno scritto del 1964 di Yoko Ono, dal nome Grapefruit, che sembra usasse proprio la parola imagine all’inizio di ogni frase. In realtà lo scritto di Yoko Ono non aveva alcuna valenza politica ed era solo una riflessione personale. Tant’è che i crediti della canzone furono riferiti al solo Lennon. Nel 2017, però, proprio per il riferimento a Grapefruit, Yoko Ono riuscì a farsi riconoscere come co-autrice. Nel glorioso Central Park di New York c’è una piccola sezione denominata Strawberry Fields, al centro della quale c’è in terra un mosaico con la scritta Imagine. Questo fu l’omaggio che la città di New York volle fare a John Lennon, più o meno in corrispondenza del luogo dove lo stesso fu assassinato da Marc Chapman il giorno 8 dicembre 1980.
Tira tu le conclusioni…
- Cosa pensi del messaggio lanciato da Lennon in Imagine? Lo ritieni utopistico?
- Quando persone ricche parlano di valori vicini al popolo rischiano di apparire ipocrite. Qual’è la tua opinione al riguardo?
- Si parla spesso di guerra necessaria, difesa dei propri confini, utilizzare le armi per ristabilire la pace. Cosa ne pensi?
Esprimere se stessi è segno di vitalità e di distinzione. Fallo anche tu e commenta qui.
Canzoncina sicuramente di enorme effetto nella sua semplicità ed orecchiabilita’. A mio avviso sicuramente utopistica (come lo è il comunismo) perché non tiene minimamente conto delle diversità che sono insite in ogni singolo uomo, ma vorrebbe una popolazione fatta di individui senza personalità e assuefatti ad un unico pensiero (seppur apparentemente meraviglioso). L’assenza di confini lascia presupporre ad un unico governo del mondo oppure ad una “meravigliosa” anarchia, dove ognuno si comporta in modo perfetto nei confronti di chiunque, con l’unica ambizione di amare il prossimo come se stessi (Gesù Cristo docet…ma se non esiste religione allora da chi arriverebbe l’insegnamento?).
Caro Gianmario, hai descritto perfettamente quello che è anche il mio pensiero. Ideali così alti possono anche essere condivisibili, anche se, come giustamente tu sottolinei, le differenze e le individualità sono dei valori e non dei disvalori. Poi si solleva il problema, molto pratico, di chi governa un mondo in cui non ci sono nazioni.
In ogni caso mi è molto chiaro che, anche laddove possano esserci ideali molto alti e condivisibili, come la pace, l’unione, l’accoglienza, l’inclusione, questi ideali debbano essere sempre qualcosa verso cui tendere, qualcosa che ispiri l’azione politica, ma non qualcosa da realizzare. L’ideale è per natura qualcosa che rimane da inseguire, altrimenti non sarebbe più un ideale.
Per lo stesso motivo ritengo non solo dannoso, ma anche molto pericoloso, che l’idealista puro, faccia politica. La politica deve essere fatta da chi sa che l’ideale deve restare un valore alto a cui ispirarsi, ma non qualcosa da realizzare utopicamente. Forse Lennon lo sapeva, o forse no. Ma in generale spesso dico che l’artista è un idealista per natura. L’ideale è quello che meglio sa esprimere. Ma guai se l’artista si mette a fare politica, o anche solo ad avvicinarsi ad essa. A presto. Dario