Se è vero che la successione degli album di Bruce Springsteen è l’ideale rappresentazione della vita di un uomo (spesso dello stesso Springsteen), allora The River, doppio album del 1980, non può che essere la perfetta evoluzione del precedente Darkness On The Edge Of Town. Il ragazzo che sognava una vittoria e una terra promessa in Born To Run e che si è ritrovato solo e disilluso in Darkness On The Edge Of Town, ora ha qualcosa in più da vivere e raccontare: il rapporto con una donna e la formazione di una famiglia. Le venti canzoni di The River, un doppio album di inediti che rimarrà un unicum per dimensione nella discografia springsteeniana, raccontano di storie e di esperienze di vita in cui nel presente, oppure nei desideri e nei ricordi di un uomo, c’è una donna. E così come è variegato il quadro lirico di The River, altrettanto multiforme ne è l’approccio musicale. Springsteen, complice la sua incredibile prolificità compositiva, dona al suo pubblico un monumentale compendio di musica rock.
L’AMORE DIVENTA ADULTO
Il rapporto con un/una partner ha nella vita di ognuno un’evoluzione. Bruce Springsteen, finissimo cantore della vita dell’uomo comune, lavora su questo tema e con The River sembra arrivare a un punto fermo: ogni persona è naturalmente accompagnata da qualcuno nel suo percorso di vita. Negli album precedenti questo concetto non emergeva con la maturità che Springsteen, ormai trentenne, mostra in The River. In Greetings From Asbury Park, N.J., Bruce era concentrato sulla sua crescita di ragazzo di provincia e le ragazze erano un puro corollario. In The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle lo abbiamo ritrovato fine narratore delle vicende sentimentali di altri ragazzi, in cerca dell’amore e di una via d’uscita tra provincia e metropoli. In Born To Run il giovane uomo voleva fuggire alla ricerca di una vita migliore e al suo fianco era comparsa una ragazza. L’amore, però, faceva ancora parte delle promesse. In Darkness On The Edge Of Town l’uomo doveva fare i conti con il fallimento della sua ricerca e con lo scoramento di una donna delusa. Ora, in The River, Springsteen considera i rapporti più stabili: una relazione duratura, il matrimonio, la famiglia, le responsabilità. Le donne al fianco dei suoi personaggi non sono più semplici comparse, ma vere coprotagoniste, se non, in alcuni casi, protagoniste assolute.
Dall’epica romantica all’ordinarietà della vita
I primi quattro album di Bruce Springsteen hanno in comune un elemento fondamentale: l’epica romantica. In quei dischi i personaggi, in molti dei quali si riconosce lo stesso Springsteen, sognano e lottano per inseguire un sogno. L’epica romantica sta in quella ricerca, ma anche nella successiva caduta. Quei giovani non sanno cosa li attende: alcuni cadono, altri ci credono e continuano a provarci. Anche alcuni personaggi di Darkness On The Edge Of Town, più maturi ma con le spalle al muro, continuano a credere in una promised land, nell’intento di fuggire dalle badlands verso un mare nel quale lavare via i propri errori. In quegli album si è formata l’epica romantica dello Springsteen che canta l’America più classica e i sogni illusori che spesso promette. Non a caso è fortissimo il riferimento alla letteratura e alla cinematografia americane più classiche, quasi leggendarie. The River, invece, raccoglie le disillusioni che si aprono una breccia in Darkness On The Edge Of Town e le trasporta, insieme alle speranze, nella vita ordinaria di un uomo, di una coppia, di una famiglia. Non troviamo più l’eroe romantico su una strada dove si corre e si insegue un sogno, ma l’eroe nascosto in una via (e in una casa) dove si consuma la vita, si lavora, si ama, si soffre e, giunta la sera, si tirano le somme.
Storie di ordinaria straordinarietà
Con The River Bruce Springsteen ci mostra come, nascoste all’interno di semplici case di semplici vie in semplici città, si nascondano storie umanamente straordinarie. La title track, ad esempio, racconta di una giovanissima coppia che, in mezzo a mille difficoltà, si ritrova a formare una famiglia (ispirata alla storia vera della sorella Virginia). Ecco che i vecchi sogni diventano menzogne, di romantico resta solo un tuffo giù al fiume. In I Wanna Marry You un’altra famiglia sta per formarsi: un uomo crede ancora nella forza dell’amore e si assume la responsabilità di crescere due figli non suoi. Ai sogni, invece, non credono più i personaggi delle amare Jackson Cage e Point Blank, nelle quali le donne diventano protagoniste in negativo e gli uomini assistono inermi alle loro sconfitte. Anche in Hungry Heart, Fade Away e Stolen Car le relazioni sentimentali sono naufragate tra errori, paure e rimpianti. In You Can Look (But You Better Not Touch), invece, l’amore di una donna sembra essere un lusso che non ci si può nemmeno permettere. La vita lavorativa, le difficoltà economiche e relazionali sono presenti, quasi incombenti, persino nelle più scanzonate Sherry Darling, Out In The Street, Cadillac Ranch e Ramrod. Ma l’amore, nelle sue diverse forme, è qualcosa in cui continuare a credere: da quello più romantico della dolcissima Drive All Night a quello più protettivo della cupa ma tenera Wreck On The Highway, per arrivare a quello più passionale di Crush On You, I’m A Rocker e della stessa Ramrod.
A nessuno piace stare solo
A compendio di queste bellissime storie, nonostante il dramma e in alcuni casi la tragedia che affiorano, ci sono alcune canzoni che rappresentano il pilastro più “filosofico” di The River. Una è la già citata Hungry Heart: basta rileggere l’ultima strofa della canzone per avere il sunto di tutto l’album (“Non fa differenza che nessuno lo dica, a nessuno piace essere solo”). Poi ci sono The Ties That Bind e Two Hearts. La prima non solo apre l’album, ma avrebbe dovuto rappresentarne anche il titolo, prima che le venisse preferita The River. Non è un caso che il cofanetto celebrativo del disco del 2015 porti il suo nome. “Non puoi rompere i legami che ci uniscono” recita ripetutamente il ritornello. E risulta evidente, fin dai primi versi, che la solitudine sia innaturale, una forzatura umana che conduce solo alla tristezza. Two Hearts è il manifesto dell’unione di due persone: “Due cuori sono meglio di uno, due cuori risolvono il problema.” E, alla fine, arriva il giuramento solenne: “Da solo, amico, non troverai mai pace, perciò io continuerò a cercare finché troverò la ragazza speciale per me.”
L’eredità di Darkness On The Edge Of Town
Molti dei personaggi che Springsteen ci presenta in The River si ritrovano a dover pagare il prezzo dei propri errori, un argomento già emerso in Darkness On The Edge Of Town in tutta la sua drammaticità. Nella title track di quell’album, in particolare, il pilota di auto che si ritrovava solo, con i suoi segreti svelati e una baracca sotto l’Abraham’s Bridge, sapeva di dover pagare il prezzo per aver preteso di coronare il suo sogno cercandolo dove non poteva trovarlo. Anche in The River troviamo situazioni simili: gente che paga il suo prezzo con la solitudine, spesso con rimorsi e rimpianti, in alcuni casi persino con la morte. The Price You Pay è la canzone che, già dal titolo, riassume il concetto. Ci sono persone perdute che non trovano il modo di scontare il proprio debito e si annullano fino a morire (“in un ultimo respiro costruiscono le strade che percorrono verso la loro morte”). Ricompare la ragazza madre di I Wanna Marry You nel momento precedente, quando l’uomo la invita ad affrontare il prezzo dei propri errori e a rimettersi in gioco per non soccombere. Ma a ben vedere il prezzo da pagare pesa anche sul padre e il figlio dell’altra canzone più legata a Darkness On The Edge Of Town, ossia Independence Day. Il loro peccato è l’incapacità di convivere in pace sotto lo stesso tetto (già cantata in Adam Raised A Cain). Il prezzo da pagare è la separazione: il figlio partirà all’indomani dal Saint Mary’s Gate.
IL COMPENDIO ROCK
Bruce Springsteen si ritrovò nel 1980 con un numero enorme di canzoni composte, molte delle quali già incise, ma escluse da Darkness On The Edge Of Town. Se in quest’ultimo Bruce era riuscito a fare una precisa scelta tematica e aveva ridotto la tracklist a sole dieci canzoni (peraltro disposte in modo perfettamente simmetrico), per il nuovo album non poté o non volle farlo. In realtà, considerando le diverse decine di brani a disposizione, anche per The River diede una notevole sforbiciata (lo scopriremo in seguito da bootleg, raccolte di inediti e cofanetti celebrativi), ma il risultato fu un album doppio composto da ben venti canzoni. The River sembra avere una logica precisa anche sul lato musicale. Springsteen ci presenta un disco in cui è presente il rock’n’roll nella sua evoluzione dagli anni ’50, insieme alle diverse contaminazioni da e verso lo stesso. Così troviamo il sound beat degli anni ’60 in The Ties That Band, Jackson Cage, Two Hearts e Out In The Street, il rhythm’n’blues con richiami soul di Hungry Heart, il blues rock più classico di Ramrod, I’m A Rocker e Crush On You, uno sguardo al mood anni ’50 con I Wanna Marry You e Sherry Darling, il country-rock di You Can Look (But You Better Not Touch) e Cadillac Ranch, il rock melodico alla Van Morrison di Drive All Night e infine il rock (semi)acustico che guarda alla tradizione folk in The River, Point Blank, Fade Away, Stolen Car, The Price You Pay, Wreck On The Highway e Independence Day. Bruce è accompagnato dalla formazione ormai consolidata della E Street Band, con Max Weinberg e Garry Tallent alla sezione ritmica, Danny Federici e Roy Bittan a organi e pianoforte, Clarence Clemons al sassofono e Steve Van Zandt alla chitarra e seconda voce. Bruce, oltre alla chitarra e all’armonica, suona il pianoforte nella bellissima Drive All Night.
Curiosità
The River è senza dubbio il momento di più intensa collaborazione artistica tra Steve Van Zandt e Bruce Springsteen. I due danno maggiore sfogo alla loro compresenza chitarristica (entrambi sono in grado di coprire sia la parte ritmica sia quella solista) e al loro celeberrimo duo vocale. In tantissime canzoni, infatti, Van Zandt accompagna il canto di Springsteen con un controcanto graffiato, di stampo prettamente blues e soul, che diventerà un marchio inconfondibile nell’ambito del già peculiare E Street Sound. Paradossalmente, nonostante i due fossero amici da quasi un decennio e Van Zandt partecipasse ai tour già dal 1975, fu solo con Darkness On The Edge Of Town e soprattutto con The River (molto meno con Born In The USA) che il futuro Little Steven trovò la sua perfetta collocazione all’interno della band. Poi il chitarrista decide di staccarsi da Springsteen nel 1984 per inseguire (con buon successo) il sogno di una carriera solista, ma tornò nella E Street Band dal 1999, in occasione del Reunion Tour.
Tira tu le conclusioni…
- conosci l’album The River di Bruce Springsteen?
- hai letto le mie recensioni delle singole canzoni? Devi solo cliccare sul nome delle canzoni nell’articolo, quando è colorato diverso dal nero
- Springsteen ha scritto e inciso ben oltre 500 canzoni in carriera, cosa pensi di questa prolificità?
- qual’è il tuo album preferito di Bruce Springsteen?
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ciao, non ricordavo che tu avessi fatto la recensione di tutto l’album “the river”.
ci sono capitata sopra e mi ha un pò sorpreso.
un album così zeppo di capolavori ha sì una sua valenza unitaria che è giusto sottolineare, ma ogni singolo brano meriterebbe di essere recensito da solo.
visto che ti piacciono i miei commenti intrisi delle mie storie vissute, ti mando questo, proprio riguardo alla title track, anche se mi pare di avertene parlato in qualche altra occasione, forse in qualche commento su facebook.
quando, solo poco tempo fa, ho letto la traduzione di the river, ho avuto un colpo al cuore. era esattamente la mia storia!
lo so, ripensandoci con calma, era una storia piuttosto comune in quegli anni, anni di ribellioni, prese di coscienza, sogni e illusioni.
il vecchio mondo, fatto di regole tanto ferree quanto ormai inutili, si stava sgretolando sotto i colpi di milioni di ragazzi che riempivano le strade di tutto il mondo per combattere una guerra senza armi per farne nascere uno migliore.
ma molte di quelle battaglie, forse proprio quelle vincenti, si svolgevano tra le quattro mura domestiche, dove non si accettavano più tabù e imposizioni.
e la prima arma è stata quella del sesso libero.
a quei tempi restare incinte giovanissime era la disgrazia più grande che potesse capitare in una famiglia.
io sono andata a vivere con il mio primo ragazzo, che i miei genitori vedevano come il fumo negli occhi. non sono rimasta incinta, ma nonostante questo siamo stati quasi costretti a sposarci, la vergogna era troppo forte.
ricordo sempre che quando sono andata a comprare il “wedding dress” con la mia futura suocera, io, già allora ribelle e anticonformista, cercavo un vestito abbastanza semplice da poter riutilizzare dopo con qualche modifica perchè mi sembrava uno schiaffo alla miseria spendere tanti soldi per un vestito praticamente usa e getta!
quindi lo cercavo con qualche nota di colore e non lungo fino ai piedi.
sentite le mie richieste, e complici le chiacchiere di mia suocera che si era affrettata a spiattellare che io già vivevo con suo figlio more uxorio, la commessa non faceva altro che lanciare occhiate alla mia pancia, cercando indizi di gravidanza incipiente.
e a proposito di questo, ti faccio una domandona da un milione di dollari!
ti sei mai chiesto perchè nella canzone di bruce per la sposa non c’era stato un wedding dress, mentre lo sposo aveva potuto tranquillamente indossare il suo bel wedding coat?
Cara Anna Maria, quanti spunti di argomentazione.
Allora, intanto ti devo dire che la struttura del mio blog prevede articoli introduttivi (in gergo cornerstone) che nel caso di Bruce coincidono con i suoi album. Inevitabile che siano sintetici e che rimandino poi l’approfondimento agli articoli sulle singole canzoni. Di The River ho già scritto la recensione di 12 canzoni sulle 20 dell’album. Dai dai, voglio un commento per ogni canzone… 😉
Per quanto riguarda le tue testimonianze di quell’epoca d’oro io non posso far altro che gustarmele d’un fiato. Sai che mi piacciono tanto. Nella canzone di Bruce c’è un fatto di scontro generazionale (lo si evince dai primissimi versi), ma soprattutto un fattore di crisi economica. Due ragazzi che si amano, lei rimane incinta e lui senza lavoro. I sogni si infrangono del mare della disillusione ma rimangono i ricordi di quelle corse al fiume e di quei tuffi nell’acqua, quando ancora si potevano fare.
Forse l’elemento economico è anche la risposta alla tua domanda finale. Non ci sono soldi. Il wedding coat forse è qualcosa che lui si poteva ancora permettere, perché costava meno. Il vestito da sposa è invece notoriamente più costoso e poteva essere off limits. Chi lo sa? Magari Bruce ci risponderebbe solo che erano esigenze di rima e di metrica. O magari la sorella e il cognato di Bruce, alla cui storia Bruce si è ispirato, ci saprebbero dire qualcosa di più.
😉
lo sai che non ci avevo pensato a questa spiegazione?
a volte la realtà è più semplice di tutte le nostre elucubrazioni.
io me lo spiegavo molto più “ideologicamente”, cioè il solito discorso di discriminazione tra quello che è permesso agli uomini e quello che alle donne è vietato.
cioè in un contesto dove, se c’era stato uno sbaglio (e a quei tempi i rapporti prematrimoniali lo erano) era stato fatto da tutti e due in perfetta consapevolezza. ma mentre per l’ uomo la cosa era considerata un peccatuccio veniale se non addirittura un motivo di vanto, la donna no! doveva “stare al suo posto” come si diceva, doveva mantenere la sua virtù a tutti i costi se no passava subito nella categoria “puttana”. e perdeva automaticamente il diritto a indossare l’abito bianco simbolo di purezza.
infatti sicuramente avrai visto quel video in cui si vede la sorella di bruce uscire dalla sua casa per andare a sposarsi, sfoggiando un vestito giallino a fiori.
per fortuna le cose sono un pò cambiate ora, se non nella sostanza, almeno nella forma..
ricordo infatti qualche anno fa il matrimonio in pompa magna con annesso sfarzoso abito bianco della figlia di una mia cognata, incinta di 7 mesi!! e tutti felici e contenti senza ombra di imbarazzo! ma per fortuna, aggiungo io!
e come ho detto altre volte, dobbiamo ringraziare per questo tutte le mary di allora, che con il loro coraggio hanno scalfito i tanti tabù che limitavano la libertà, ma non solo delle donne, anche degli uomini!
comunque, per ritornare alla mia storia uguale a quella di the river, le disillusioni sono venute per noi non tanto per motivi economici, anzi, siamo stati fortunati, ma anche i tempi lo hanno permesso, abbiamo subito trovato lavoro fisso in ferrovia, prima mio marito e dopo qualche anno anch’io.
però i pentimenti sono arrivati lo stesso, troppo giovani eravamo, troppo sconsideratamente abbiamo iniziato una storia che allora ha avuto il fascino della ribellione e del romanticismo. ma le utopie, i sogni, anche i più belli possibili, sono prima o poi destinati a infrangersi nella realtà. alla fine però si cresce e si matura e nonostante tutto si accetta il destino che si sceglie.
e questa considerazione, questo sentimento, sono quelli che ritrovo in quei versi bellissimi, sends me down to the river
though I know the river is dry.
per noi è stato così, e certo anche per i protagonisti della canzone, visto che come noi sono rimasti insieme fino ad oggi!
L’album con il quale ho conosciuto Bruce rimarrà per sempre il mio preferito in assoluto. Praticamente un’enciclopedia del Boss. Molto interessanti le tue “pillole” sui pezzi che hai poi approfondito nelle tue recensioni singole.
Claudio, hai proprio ragione. The River è un’enciclopedia del rock. Un album in cui trovi 30 anni di musica, dalle sonorità folk e country-rock a qualcosa che si avvicina all’hard rock, dal pop degli anni ’50 a qualcosa che ricorda il punk in voga in quegli anni. Personalmente di quei 20 brani ce ne sono 2/3 a cui avrei rinunciato volentieri, considerando che sono rimaste fuori canzoni meravigliose come Loose Ends e Restless Nights. Però resta un compendio favolo di musica e di umanità.
e a proposito di the river. non so se ricordi che avevo chiesto come mai dice she wrote invece di usare una telefonata che era una cosa più semplice per comunicare una notizia.
e la risposta l’ho trovata proprio adesso sulla sua autobiografia.
io avevo immaginato uno di quei film degli anni 50, quando le telefonate si facevano attraverso un’operatrice al centralino.
e siccome sono stata anch’io operatrice a un centralino, sapevo che la privacy a quei tempi non si sapeva neanche cosa fosse.
non puoi immaginare quante belle storielle di corna che ho ascoltato. ci potrei fare un libro!
diciamo che con the river ci ero andata vicino, anche se la cosa era ancora più semplice.
era il padre di bruce che si era opposto per parecchio tempo a installare un telefono in casa.
diceva che così non l’avrebbe disturbato nessuno per il lavoro!
scommetto che non ricordavi questo episodio!
Anna Maria, sei una detective. Sai andare a cercare i dettagli tra le righe. Poi ha la freschezza della fan recente unità alla persona di grande esperienza. Brava
ti ringrazio per i tuoi complimenti!!!! ma del resto quando ti ricapiterà più di parlare con qualcuno che ha lavorato a un centralino?
mi sa che i giovani di oggi neanche sanno il significato di questa parola.
ti racconto un’altra curiosità. sai chi c’era con me? non lo indovineresti mai, un futuro vip, maurizio mattioli!
era anche lui uno straordinarista, ci chiamavano nei tre mesi estivi a sostituire il personale che andava in ferie.
si era accollato al ragazzo più bello della sala, uno che se la tirava perchè era bello e perchè era il figlio di una capoturno.
caracollavano per la sala come quei personaggi di cui parla bruce in una canzone (non ricordo quale)
un giorno il “bello” mi ha chiamato “bambola”. non gli ho mollato uno schiaffo solo perchè non ci arrivavo alla sua testa, era altissimo! ma l’ho fulminato cn uno sguardo! i belli senz’anima non mi sono mai piaciuti!
comunque il mattioli ha avuto successo, il bello no.
devo dire la verità che a pelle mi stava parecchio antipatico, sarà stata anche la vicinanza di quell’altro, ma poi, dopo parecchi anni ha incrociato di nuovo la mia vita, quando mio marito, che ogni tanto arrotondava facendo la comparsa al cinema, si è trovato a lavorarci insieme. mi ha detto che era una persona squisita, umano, disponibile, generoso.
vedi a volte che brutti scherzi ti fanno i pregiudizi!