The Ties That Bind è la canzone di apertura del quinto album di Bruce Springsteen, il doppio The River del 1980. Un album che avrebbe dovuto intitolarsi proprio The Ties That Bind. Considerando infatti la sua incisività musicale e la sua rilevanza lirica, The Ties That Bind avrebbe dovuto essere non solo la prima canzone ma anche la title track dell’album. Poi, però, gli fu preferita The River, tra le ultime canzoni scritte per l’album. Springsteen, del resto, se ne è ricordato tanti anni dopo, nel 2016, quando ha intitolato proprio con questa canzone il cofanetto celebrativo del celebre album del 1980. Un pezzo rock aggressivo, elettrico e notevolmente ritmato accompagna un testo che insieme a quelli di Two Hearts e di Hungry Heart rappresentano la colonna portante tematica di tutto il doppio album. La prima esprime l’importanza della coppia, la seconda conferma il concetto e stabilisce l’importanza di avere insieme una casa.
L’IMPORTANZA DELLE RELAZIONI
The Ties That Bind (leggi la traduzione qui) sancisce l’importanza delle relazioni, dei legami che si creano tra le persone, che siano d’amore, d’amicizia o semplicemente di rapporto familiare. “Non puoi spezzare i legami che uniscono, non puoi nascondere i legami che uniscono”. Il messaggio con cui Springsteen decide di aprire l’album The River ha un incedere solenne, una dichiarazione forte, un credo inequivocabile. E mai scelta fu più indicativa: The River è il disco in cui Bruce affronta i concetti di coppia e di famiglia. Se in Born To Run c’erano ragazzi in fuga e in Darkness On The Edge Of Town giovani uomini che si fermano e comprendono la durezza della vita, in The River ritroviamo quei giovani uomini inseriti in un contesto di relazioni, con una fidanzata o moglie da amare, una famiglia da mantenere, una casa da abitare, un lunario da sbarcare. E un prezzo da pagare. The Ties That Bind mette in chiaro da subito che ci sono legami che uniscono le persone, i genitori con i figli, gli uomini con le donne e tutti con una vita che va conquistata giorno dopo giorno.
L’illusione della solitudine come soluzione
Springsteen si rivolge a una ragazza che, ribelle e disillusa, pensa di poter reagire cercando la soluzione nella solitudine, lungo una propria strada non contaminata dai condizionamenti altrui: “Cammini da dura, ragazza, ma cammini senza riuscire a vedere i legami che uniscono”. Una cecità che fa il paio con l’insensibilità a cui conduce una vita solitaria. “Io preferirei sentire la ferita dentro, sì, lo farei, piuttosto che conoscere il vuoto che si nasconde nel tuo cuore” canta Bruce. Un messaggio perfettamente in linea con quello di Two Hearts: “Se pensi di avere il cuore di pietra e di essere abbastanza duro da sconfiggere questo mondo da solo. Da solo, amico, non ci sarà pace nella tua mente.” C’è quel momento in cui la corsa in cerca di una soluzione finisce e ci si accorge che in due quella soluzione è più vicina: “Adesso corriamo, ma ci fermeremo in tempo per affrontare i legami che uniscono.”
Una scelta non casuale
E così The Ties That Bind diventa la spina dorsale dell’album dal punto di vista lirico. Sulla base di quei concetti – la rilevanza dei legami che uniscono le persone e la solitudine come sconfitta – dopo questa canzone arrivano tante storie narrate del disco che si riconducono a essi. Troviamo coppie che si formano o si riformano (I Wanna Marry You, Drive All Night), quelle che se la spassano (Sherry Darling, Out In The Street, Crush On You, Ramrod), quelle che tengono duro (The River, The Price You Pay, Wreck On The Highway), quelle che si spezzano (Jackson Cage, Hungry Heart, Point Blank, Fade Away, Stolen Car). Tra le coppie che si dividono ce n’è una particolare: quella tra il padre e il figlio in Independence Day, un legame che sembra spezzarsi, ma che rimarrà, seppur flebile, per tutta la vita.
SOLO CHITARRE
Un messaggio così carico di significato è accompagnato da un brano rock molto incisivo, con una ritmica ruspante e un complesso di chitarre che reggono tutta la parte armonica, tra ritmica, arpeggi e riff. L’assenza del pianoforte e dell’organo, elemento del tutto fuori dall’ordinario per la musica di Springsteen, riportano a un sound più vicino al punk, tornato molto in voga proprio in quella fine degli anni ’70. Bruce, però, decide di aggiungere, oltre al controcanto di Stevie Van Zandt, anche alcuni cori a più voci che imprimino quella solennità che la canzone vuole avere. Cori che torneranno in altre canzoni di The River, come ad esempio in Hungry Heart e in I Wanna Marry You, entrambe canzoni che guardano indietro agli anni ’50. Il brano è poi impreziosito da un lungo assolo di sassofono, uno dei più belli e incisivi della lunga carriera di Clarence Clemons.
Curiosità: le title track
Se non fosse stata sostituita da The River come title track dell’album, The Ties That Bind sarebbe stata la prima canzone ad occupare contemporaneamente il ruolo di brano di apertura e di title track nella discografia di Bruce Springsteen. Ruolo che invece toccherà a Nebraska per l’album omonimo. Più in generale dei 19 album di inediti in studio di Bruce, solo 6 hanno visto la title track occupare la posizione di apertura nell’album (oltre a Nebraska anche Born In The USA, Human touch, The Ghost Of Tom Joad, Devils & Dust e High Hopes. Al contrario solo il primo album, Greetings From asbury Park, New Jersey, ha un titolo che non coincide con il titolo di una canzone contenuta nell’album. Un caso a parte è The Wild, The Innocent And The E Street Shuffle, nel cui titolo è compresa la canzone di apertura dell’album stesso.
Tira tu le conclusioni…
- Conosci The Ties That Bind e l’album The River di Bruce Springsteen
- Dall’individualismo alle relazioni: il passaggio fondamentale di un giovane artista che diventa uomo. La tua opinione?
- Springsteen come autore di un unico grande romanzo americano. Trovi qui la mia presentazione di Bruce?
- La particolare scelta di arrangiare una canzone senza organi e pianoforte. Forse un unicum springsteeniano
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Bel articolo Dario. Canzone prorompente ed in linea con con tutto The River che per me è il migliore in assoluto
Carissimo Claudio, grazie e ben ritrovato. Come riporto nella recensione, a mio parere The Ties That Bind è un pilastro concettuale di The River e non è un caso che occupi la posizione d’apertura e che avrebbe potuto dare il titolo a tutto l’album. Non so se sia il migliore, molto dipende dai gusti personali. A me piace molto, anche se non perdonerò mai a Bruce di averci messo canzoni “banali” come Crush On You o I’m A Rocker per escludere pezzi giganteschi come Loose Ends o Restless Nights