Il primo album di Springsteen, Greetings From Asbury Park, N.J., fu lodato dalla critica, ma accolto freddamente dal pubblico e soprattutto dalle radio. Bruce Springsteen a quel punto capì di avere una seconda e forse ultima chance per convincere la CBS che aveva visto lontano nel credere in lui. In realtà, i suoi due grandi sostenitori all’interno della casa discografica, il presidente Clive Davis e il leggendario talent scout John Hammond, si erano allontanati dalla casa discografica e a Springsteen cominciavano a mancare anche i principali “sponsor”. Un nuovo fallimento avrebbe voluto significare l’addio ai sogni di gloria. Eravamo nel 1973 e, mentre iniziava a pensare al secondo album, The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle, Springsteen suonò molto dal vivo, rodando la sua band che, nel frattempo, si era notevolmente ampliata.
NASCE LA E STREET BAND
Fu proprio in quel periodo che la band iniziò a presentarsi sui palcoscenici come E Street Band, dal nome di una via della cittadina costiera di Belmar, dove abitava il pianista e tastierista David Sancious. Curiosamente, sebbene l’album uscirà col solo nome di Bruce Springsteen, il nome E Street comparirà nel titolo dell’album, The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle. Narra la leggenda che il nome alla band fu assegnato proprio mentre i suoi componenti sostavano all’incrocio tra la E Street e l’altrettanto iconica Tenth Avenue di Belmar ad aspettare l’arrivo di Sancious, perennemente in ritardo. Fu proprio Bruce a dichiarare solennemente che, se quella band doveva avere un nome, non poteva che portare il nome della strada dove avevano consumato così tanto tempo. Allo stesso Springsteen, a Sancious, a Vini “Mad Dog” Lopez e a Garry Tallent, si erano uniti in pianta stabile il sassofonista Clarence “Big Man” Clemons (già presente in due delle canzoni di Greetings From Asbury Park, N.J.), e il tastierista Danny Federici, che già era presente nelle sessioni live. Continuava invece a rimanere fuori dai piani, per impegni propri ma anche per le scarse finanze a sostegno del progetto, Steve Van Zandt, nonostante la vicinanza alla band e la forte intesa musicale con Springsteen.
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THE WILD, THE INNOCENT & THE E STREET SHUFFLE PRENDE FORMA
Mentre per il primo album Springsteen aveva i pezzi quasi contati, per il nuovo album le canzoni disponibili erano tante, al punto che l’autore dovette scartarne almeno una dozzina. Le canzoni erano per gran parte state scritte e arrangiate per le esibizioni dal vivo e, per questo motivo, erano mediamente molto lunghe e strabordanti di stacchi, assoli e cambi di ritmo. Springsteen, coraggiosamente, decise di registrarle in quelle versioni. Il risultato fu un album di sole sette canzoni, quattro delle quali sopra i sette minuti di durata e, in ogni caso, tutte sopra i canonici quattro minuti (durata ritenuta non superabile in caso di lancio di un singolo in radio). The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle prese così la forma di un album prettamente rock, ben lontano dall’idea originaria del nuovo Dylan. Le uniche tracce che riportavano a quello stile erano Wild Billy’s Circus Story e 4th Of July, Asbury Park (Sandy), che avrebbero potuto tranquillamente far parte di Greetings From Asbury Park, N.J..
LE COSE MIGLIORANO MA NON ABBASTANZA
Nel novembre 1973, a soli 11 mesi dal lancio del primo album, fu pubblicato The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle, senza una campagna pubblicitaria e senza singoli. L’accoglienza non poté che essere tiepida da parte del pubblico, anche se migliore di quella riservata a Greetings From Asbury Park, N.J., mentre fu entusiastica da parte della critica che vide in Springsteen non più il vano tentativo di rappresentare il nuovo menestrello d’America, quanto l’approdo di un nuovo strutturato cantautore rock. Alle sue spalle una band di ottimi musicisti, alcuni dei quali particolarmente virtuosi sui rispettivi strumenti. L’introduzione strumentale di New York City Serenade e l’intera Kitty’s Back lasciano pochi dubbi su questo. Ma tutto il disco è di un eccellente livello musicale.
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TRA PROVINCIA E METROPOLI
Le sette canzoni che compongono The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle mantengono uno sile lirico molto fluente, che in qualche modo richiama ancora quello di Bob Dylan. Testi piuttosto lunghi includono un mix di azioni, immagini e figure retoriche. Come in Greetings From Asbury Park, N.J. il background si divide tra la provincia del New Jersey e la metropoli newyorchese. Ma mentre nel primo album Springsteen sembra concentrarsi maggiormente sulla singola figura di un giovane uomo che vive la sua provincia e approccia alla metropoli, nel secondo album Bruce si mette, con poche eccezioni, nel ruolo del narratore che racconta storie di altri ragazzi. Rosalita (Come Out Tonight) e 4th Of July, Asbury Park (Sandy), da un lato, sono narrate in prima persona e nascondono nel protagonista lo stesso Bruce, desideroso di lasciare, meglio se accompagnato da una ragazza, gli ambienti ristretti delle piccole cittadine di provincia per lanciarsi nell’avventura musicale. Dall’altro lato, The E Street Shuffle, Kitty’s Back, Wild Billy’s Circus Story, Incident On 57th Street e New York City Serenade vedono Springsteen nel ruolo di osservatore, narratore e sceneggiatore di storie romatiche di caduta e di speranza. Le prime due rimangono in un ambiente di provincia, la terza si sposta verso ovest (come aveva già fatto Mary Queen Of Arkansas), le ultime due si spostano a New York. Ne risultano affreschi di strada davvero sorprendenti per un autore così giovane.
LIBERTÀ ALLA MUSICA E ALLA BAND
Se si esclude Wild Billy’s Circus Story, ancora dal gusto decisamente folk, le altre canzoni dell’album si distinguono per un sound più pieno, con notevoli individualità. Un sound che si fonda sulla nuova imponente presenza di Clarence Clemons al sax, sulla compresenza altamente qualificata di David Sancious e Danny Federici ai tasti neri e avorio, sulla verve “schizofrenica” di Vini Lopez alla batteria e sull’inatteso eclettismo di Garry Tallent al basso (ai suoi massimi livelli di carriera). Lo stesso Springsteen contribuisce con un notevole apporto chitarristico, sia alla chitarra elettrica (memorabile l’assolo di introduzione di Kitty’s Back) sia a quella acustica (splendida in particolare la partitura in New York City Serenade). Springsteen sembra dare piena libertà ai suoi musicisti, nell’intento di spostare il focus dal solo cantautorato di origine folk-rock a un ensemble strumentale più potente, che irrompe nel rock e scruta nei meandri del soul, dello swing, persino del jazz. D’altra parte Springsteen raggiunge una resa elevata anche con la voce. Il suo modo di cantare si ripara solo in parte nella “cantilena dylaniana”, ma diventa più forte e, in qualche modo, teatrale, specie quando canta delle vicende di Catlong (Kitty’s Back), Spanish Johnny (Incident On 57th Street), Billy (New York City Serenade) e le rispettive ragazze che si spostano tra le strade e i vicoli bui.
L’INFLUENZA DI VAN MORRISON
The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle è il disco in cui si riflette fortemente l’influenza di Van Morrison, il musicista e cantautore irlandese che aveva conquistato l’America qualche anno prima con album leggendari come Astral Weeks e Moondance. Bruce ha raccolto da Morrison due aspetti che ha voluto imprimere nella sua musica: da un lato uno stile lirico sempre fluido ma più trascendente e romantico, dall’altro la ricerca musicale e gli arrangiamenti più profondi, che lasciano briglia sciolta ai musicisti, abbracciando soul e ritmi diversi, dallo shuffle di The E Street Shuffle allo swing di Kitty’s Back.
TIRA TU LE CONCLUSIONI…
- conosci l’album The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle?
- sei d’accordo sulle differenze che ho tracciato rispetto al primo album, Greeting From Asbury Park, N.J.?
- The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle è forse l’album di maggiore pregio musicale di Springsteen, almeno per ciò che riguarda i virtuosismi dei musicisti sui rispettivi strumenti. Concordi?
- Lo Springsteen narratore: Bruce canterà per lo più in prima persona per gran parte della carriera. Qui invece si fa menestrello di storie raccontate in terza persona. Non trovi sia un risultato eclatante?
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Resta in assoluto il mio album preferito di Bruce….vinile consumato immaginando le scene delle storie raccontate nei testi …con il successivo Born To Run lss pietra miliare della sua produzione
Penso che insieme a Born To Run siano i migliori su un lato strettamente musicale. In The Wild, poi, c’è un virtuosismo strumentale che forse non abbiamo sentito più dopo a quei livelli. Se poi consideriamo l’aspetto lirico, allora entrano anche Darkness e The River, dischi di pura letteratura americana.
Interessante il parallelo con Van Morrison. Sicuramente è il disco dove sono più evidenti le radici Soul e R’n’B della musica di Bruce, ed è vero che è l’album dove la struttura delle canzoni da maggiore spazio alle possibilità solistiche dei singoli musicisti (e questo vale tutt’ora, basta ascoltare le bellissime versioni di Kitty’s Back dei live di questa tournée 2023). Un disco veramente bellissimo, al livello dei suoi migliori e che avrebbe meritato maggior fortuna anche come riscontro commerciale.
Dr Gonzo, sono assolutamente d’accordo. Sul lato prettamente musicale, è uno dei must know di chiunque ami il rock, il soul e il r&b. E invece ancora tanti non lo conoscono, coperto dalla indubbia grandezza di Born To Run e di Darkness.
Se debbo esprimere un parere assolutamente personale si tratta del disco migliore di Springsteen, forse solo di poco inferiore a Nebraska che ha una forza dirompente e scuote dalla prima all’ultima nota. Un disco musicalmente maturo, ricco con il rock, il folk, r’n’b a profusione e canzoni che sono sceneggiature o racconti d’autore…
Ciao Salvo, non riesco a paragonare album come questo, rispetto a Born To Run, Darkness o Nebraska. Ma sicuramente si può dire che questo è in assoluto quello più virtuoso dal punto di vista musicale. Ed è davvero molto maturo, anche sul lato lirico. È anche l’album tra i primi cinque o sei con più racconti in terza persona. Poi Bruce passerà prevalentemente alla narrazione in prima persona, come già in Greetings.
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