Valentine’s Day è il brano di chiusura dell’album Tunnel Of Love di Bruce Springsteen. Una canzone che, seguendo il filo logico di tutto l’album, scruta nel rapporto di coppia e, nel caso specifico, getta luce sulla paura che si insinua in una persona di perdere colui o colei che si ama, soprattutto quando le vicissitudini della vita causano un distacco fisico. Valentine’s Day si presenta come un brano folk-rock semi-acustico, con un tempo di valzer a tre quarti. Una canzone dalla melodia dolce che, però, trasporta un velo di tristezza, lo stesso velo che ammanta la situazione del protagonista narrante, mentre viaggia solitario in auto nel giorno di San Valentino. Le registrazioni pirata di esecuzioni dal vivo di Valentine’s Day sono vere e proprie chicche, se si considera che Springsteen l’ha suonata in concerto solo sei volte, sempre nel 2005, quando eseguì dal vivo tutto Tunnel Of Love.
L’AMORE CHE GENERA PAURE
Se Tunnel Of Love ha scandagliato i diversi lati di una relazione amorosa e persino gli angoli più bui e nascosti di un rapporto di coppia, Valentine’s Day (leggi la traduzione qui), insieme a Cautious Man, è andata a togliere un velo dalle paure che nascono nel momento in cui si ama profondamente una persona. In entrambe le canzoni emerge nitidamente la paura di rimanere soli, subendo la fine di una storia d’amore. Cautious Man, che peraltro è narrata in terza persona a mo’ di racconto, identifica quella paura come conseguenza delle proprie debolezze e insicurezze. Valentine’s Day, invece, narrata in prima persona dal protagonista, sembra più riferirsi alle paure che insorgono quando si deve sopportare la lontananza fisica dal proprio amore.
LEGGI ANCHE: BRILLIANT DISGUISE
È il giorno di San Valentino
Il protagonista è alla guida di un’auto lungo un’autostrada buia e deserta, in piena notte. Nel momento, cioè, in cui normalmente si è a letto tra le braccia del proprio o della propria partner, specie in un giorno così. Un’oscurità che non è solo reale, ma anche metaforica. Sono i timori e le paure che tingono di nero quella notte. Quando Springsteen introdusse il grande Roy Orbison nella Rock And Roll Hall of Fame proprio in quel 1987, parlò della sua paura di amare e di come le canzoni di Roy Orbison lo incoraggiassero a superarla. Evidentemente, però, un matrimonio sull’orlo del fallimento la stava facendo riemergere e provocava la sua solitudine, proprio quella in cui si ritrova il protagonista di Valentine’s Day. La solitudine è un argomento che nella poetica springsteeniana emerge spesso, anche dopo che Bruce sposerà Patti Scialfa e con lei avrà tre figli. Il risultato delle insicurezze e di una depressione che, ancora oggi, non molla la presa.
Alla guida nella notte
Tra le canzoni di Springsteen ne troviamo diverse nelle quali il protagonista è alla guida di un’auto nella notte. Oltre ai disperati di Something In The Night e di Streets Of Fire, c’è il protagonista di Drive All Night che ha perso la sua ragazza, ma la sta riconquistando e giura che guiderà tutta la notte con lei al suo fianco. Ancora più significativo è il parallelo con la canzone successiva nella tracklist di The River: Wreck On The Highway (anch’essa a chiusura di un album, come Valentine’s Day). In questa canzone abbiamo ancora un uomo che viaggia solo in auto nella notte e anche in questo caso la sua ragazza/moglie non è con lui. Ma in questo caso la paura della perdita emerge a causa di un incidente stradale nel quale il protagonista si imbatte. È quindi un fattore esterno e accidentale, e non la propria insicurezza come in Valentine’s Day, a causare i timori nell’uomo.
La poesia “bucolica”
In Valentine’s Day Springsteen cerca anche l’elemento poetico, collegato in prevalenza agli elementi della natura. Anche in questo si differenzia dalle canzoni sopra citate. In esse ci sono incidenti con vetri e sangue, automobili che bruciano, angeli che cadono. Più in generale, la poetica springsteeniana fino a Born In The USA non aveva insistito così prepotentemente sugli elementi della natura. In Valentine’s Day, invece, troviamo la luce del cielo e dei fiumi, il suono delle foglie che cadono sulla strada, ancora il grido del fiume attraversato dal riflesso della luna. Torna ancora il fiume nell’ultima strofa con il suo letto freddo che avvolge l’uomo e la sensazione del vento proveniente dai campi sulle proprie braccia. Inoltre, in comune con Cautious Man questa ballata ha anche la citazione quasi inattesa della luce di Dio, considerando che prima di allora gli elementi religiosi, specie quelli biblici, erano stati utilizzati da Bruce per rappresentare metaforicamente la sua difficile realtà e non per una rappresentazione fine a se stessa. In questo quadro quasi bucolico, fa eccezione il riferimento al grande jukebox sulla Route 39, un elemento di luce a cui Bruce assegna, inevitabilmente, un valore del tutto positivo, abbinando la musica che ne proviene alla felicità dell’amico del protagonista che diventa padre.
LEGGI ANCHE: WALK LIKE A MAN
IL POLISTRUMENTISTA BRUCE SPRINGSTEEN
Valentine’s Day è una lenta ballata semi-acustica a ritmo di tre quarti. La canzone supera i 5 minuti di durata, anche per il lungo finale strumentale a sfumare. Come Wreck On The Highway in The River e My Hometown in Born In The USA, Springsteen decide di chiudere gli album con ballate a ritmo lento e con finali che si dissolvono nel silenzio. Inoltre tutte e tre le canzoni sono basate sulla chitarra acustica. Al di là delle somiglianze e delle differenze nei temi, la distinzione fondamentale è che Valentine’s Day è suonata interamente da Springsteen, nella veste di polistrumentista. Bruce suona tutto, dal basso alla chitarra, dal mandolino alle diverse partiture di tastiera, per arrivare addirittura alle percussioni e alla drum machine. Dopo un inizio propriamente acustico, entrano e diventano centrali i sintetizzatori, tramite i quali Springsteen ottiene la dinamica sonora della canzone. Se, infatti, si eccettua un inserto di mandolino nel finale, sono prevalentemente le tastiere a fornire un intenso crescendo sonoro, che si staglia sopra una base ritmica costante, come una sorta di nenia. Dunque Springsteen decise di chiudere l’album nella totale assenza della E Street Band, un segnale che si scoprirà essere del tutto emblematico.
Curiosità
Mi sono soffermato sulla scelta di Springsteen di chiudere Tunnel Of Love, come altri album precedenti e successivi con finali sfumati, tipicamente solo strumentali. Ma, considerando i 19 album in studio di inediti di Bruce (escludendo quindi We Shall Overcome: The Seeger Sessions e Only The Strong Survive), quanti sono gli album che terminano con un finale sfumato e quanti invece con un finale a volumi pieni? La sorpresa è che i finali secchi (New York City Serenade, Jungleland, Reason To Believe, Pony Boy, My Best Was Never Good Enough, My City Of Ruins, Matamoros Banks, Devil’s Arcade, Moonlight Motel, I’ll See You In My Dreams) sono più dei finali sfumati: 10 contro 9. Potrebbe essere semplicemente una curiosità, ma ci sono diverse persone che non amano i finali sfumati e per loro la curiosità diventa anche un elemento “estetico” più rilevante.
Tira tu le conclusioni…
- conosci Valentine’s Day, la canzone di Bruce Springsteen che chiude Tunnel Of Love?
- il musicista polistrumentista che suona intere canzoni da solo. Lo ritieni un plus o pensi che ogni musicista debba concentrarsi al meglio sul proprio strumento?
- finale secco o finale sfumato. Tu da che parte stai? O ne sei indifferente?
- Come vivi San Valentino? Un bel momento di celebrazione dell’amore o solo un’occasione per fare affari?
Se ti è piaciuto questo articolo commentalo e condividilo sui tuoi profili Social!
ciao dario, riesci sempre a incuriosirmi. confesso, non avevo mai sentito questa canzone, e adesso so anche il perchè. il fatto che sia stata fatta dal vivo rarissime volte non mi ha permesso di imbattermici nelle mie continue ricerche su youtube, dove privilegio sempre i video dal vivo.
così, di primo acchito devo dire che non mi è piaciuta, ma sicuramente cambierò opinione non appena l’avrò “digerita” meglio.
il motivo però è più “tecnico” non so, la musica è bellissima, adoro il valzer che è l’unico ballo che riesco a fare con una certa facilità e scioltezza. mi piace da matti ballare, ma sono negata, non ho il senso del tempo.
però ho avuto la sensazione, naturalmente da persona del tutto ignorante di musica, che la voce di bruce non si amalgamasse bene insieme alla musica, come se lui e la melodia avessero preso tutti e due strade diverse.
non so se ho reso l’idea, non è facile spiegare cose così impalpabili.
finale secco o sfumato? con bruce non c’è da scegliere, vanno bene tutti i due!
dario, ti prego! fai qualcosa, se possibile, per migliorare la tecnica (non so se ho usato il termine giusto) del blog. mi è successo più di qualche volta di veder sparire il commento che stavo scrivendo solo toccando un tasto sbagliato. è una seccatura quando scrivo un papier dei miei, che poi non so più ricostruire!
adesso ho imparato a scrivere il commento sui miei appunti e poi lo copio-incollo. però non sempre mi ricordo di farlo.
Eh, sì, Anna Maria. È una delle meno suonate in assoluto. Si potrebbe considerare un brano da “riempi album”, perché musicalmente non ha granché da dire. Molto classica e suonata in modo classico. Piacevole certamente, molto malinconica e dolce, ma non poteva avere niente di virtuoso visto che l’ha suonata interamente Bruce. Ma va bene così. Poi tu mi parli di voce poco integrata sui suoni, quasi che ci sia un distacco. Può essere, sai. È tipico di quando si registrano le cose con tracce sovraincise e non in diretta. È chiaro che tutto è perfettino ma può mancare quell’amalgama di suoni che c’è quando si suona i npresa diretta (ad esempio tutto l’album The River).
Quello però che la fa sempre la differenza in Bruce sono i testi. Valentine’s Day non è secondaria nei testi. L’idea stessa di pensare a un uomo che il giorno di San Valentino sta viaggiando da solo in automobile, pensando alla sua donna che non è lì è particolare. Se poi aggiungi quelle immagini che rendono in metafora il suo stato interiore, beh, ne risulta una canzone tutt’altro che banale.
È la forza di Bruce.