Non sarebbe facile individuare, tra le tante, la canzone di Bruce Springsteen di maggiore impatto rock nella sua esecuzione dal vivo. Ma She’s The One, intenso rock’n’roll con una ritmica in “staccato” incluso nel celeberrimo album Born To Run (1975), sarebbe tra le canzoni a contendersi quel primato. Con She’s The One Bruce Springsteen onorò quegli anni ’50 (da Elvis Presley a Bo Diddley e Buddy Holly) che tanto lo influenzò nella componente più rock’n’roll della sua discografia. Anche il suo testo, che si staglia tra i più passionali composti da Springsteen, richiama la carica di sensualità che i primi grandi rocker americani scrissero in reazione alla cultura puritana che aveva limitato gli americani fino a quegli anni di svolta. Se si aggiunge che She’s The One è tra le canzoni più suonate dal vivo da Springsteen e dalla E Street Band, si completa il quadro di una canzone dal notevole profilo.
LA DARK LADY
L’universo springsteeniano era già densamente popolato di figure femminili dopo i primi due album. Ci sono le amiche dell’adolescenza come la cantante da juke-box di Growin’ Up, la Crazy Janey di Spirit In The Night, la Sandy di 4th Of July, Asbury Park e la Rosalita della canzone omonima. Bruce ha anche cantato in terza persona di affascinanti eroine dei bassifondi cittadini (le protagoniste di Kitty’s Back, Incident On 57th Street e New York City Serenade). E non sono mancate figure più misteriose, intrise di fascinosa debolezza, come la protagonista di Mary Queen Of Arkansas. In Born To Run, mentre nella title track e in Thunder Road, ritroviamo nuove Sandy, ragazze con cui il protagonista vorrebbe fuggire, in She’s The One (la traduzione qui) arriva per la prima volta una ragazza bella e seducente che mette in ginocchio il suo pretendente.
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Tra dolcezza e seduzione
Dunque per la prima volta Springsteen canta di una donna estremamente attraente, che maneggia con disinvoltura le armi della seduzione e della sensualità, ma che nel contempo sa fare male, con la spietatezza della femme fatale. Fino a quel momento Bruce non aveva espresso elementi estetici o di aspetto esteriore sulle donne di cui aveva cantato. Ora arriva la ragazza con le grazie assassine, con un sorriso che uccide e con occhi così belli che brillano come soli di mezzanotte. Una donna, il cui carico di sensualità colpisce il protagonista, il quale la desidera ma ne viene talmente ferito che vorrebbe aver la forza di lasciarla. In realtà c’è un contrasto nei versi di Bruce: nei primi tempi di frequentazione la ragazza elargiva al protagonista baci di tenerezza che lo salvavano dall’amarezza. Ora invece la ragazza, con il suo cuore di pietra, sembra solo volerlo sedurre e poi buttare a terra.
Due donne, due diverse attrazioni
Colpisce il confronto tra due rilevanti figure femminili presenti in Born To Run. Se la Wendy della title track è una pura compagna di viaggio di cui non c’è traccia di descrizione, è invece significativo notare le differenze tra la Mary di Thunder Road e la ragazza di She’s The One. Mary si avvicina alle figure femminili di alcuni film neorealisti americani degli anni ’70. Una donna non particolarmente attraente sul lato estetico (“You ain’t a beauty…”), ma il cui lato di seduzione viene dalla sua naturalezza (“balla come una visione lungo la veranda”) e dalla sua malinconia (ci sono un dolore da nascondere sotto le coperte e rosse gettate nella pioggia). La vamp di She’s The One, invece, deve il suo essere attraente al modo in cui si veste, si trucca e di atteggia. Una ragazza più sofisticata che sa manipolare gli uomini e piegarli ai suoi piedi.
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CINQUE FUCILI PUNTATI
She’s The One, specie dal vivo ma anche nella sua versione originale in studio, è una pallottola carica di rock’n’roll. Caratterizzata da una base ritmica “a stacchi” per gran parte in levare (condotta dalla coppia Max Weinberg/Garry Tallent, allora appena formatasi), l’armonia si basa per gran parte sulla micidiale abilità di Roy Bittan di costruire un motivo di pianoforte che da un lato asseconda la ritmica e dall’altro crea bellissime rifiniture melodiche. Dal canto suo Springsteen si sdoppia. Anzi, per l’esattezza si divide in quattro. Infatti riserva per se stesso due diverse partiture di chitarra (una lavorata sulle corde alte a rafforzare gli stacchi ritmici, l’altra a fornire stilettate di rock puro lungo la tastiera della chitarra) e due performance vocali. La prima è, ovviamente, quella del cantato principale, su note più basse e con un forte carico di riverbero. La seconda interviene dalla fine della prima strofa e non abbandona più il campo con un controcanto strepitoso. Infine, dopo l’inciso che conclude il testo, arriva uno possente assolo di Clarence Clemons al sassofono, che si intervalla in un “botta e riposta” con i vocalizzi di Springsteen. Un assolo non caratterizzato da una particolare difficoltà tecnica, ma da una potenza di suono che poche volte si è sentita e che dal vivo ha fatto tremare stadi e palazzetti di tutto il mondo.
Curiosità
La grande resa dal vivo di She’s The One non può essere sfuggita ai tanti ammiratori che hanno visto più volte nella loro vita i concerti di Springsteen. Questo perché prima o poi (e magari più volte) She’s The One sarà finita nella setlist di uno di quei concerti. Infatti, nonostante sia mancata per un certo periodo nelle scalette dal vivo (specie negli anni ’90), la canzone è stata eseguita oltre 600 volte, piazzandosi appena sotto la decima posizione nella classifica delle canzoni più suonate da Springsteen dal vivo. Bruce l’ha spesso riproposta in tandem con altre canzoni, a volte per omaggiare i suoi grandi ispiratori, altre volte per presentare sue canzoni rivisitate (ad esempio con Ain’t Got You durante il Tunnel Of Love Express Tour).
Tira tu le conclusioni…
- Conosci She’s The One e l’album Born To Run
- Ascolta canzoni come Mona o Bo Diddley dello stesso Bo Diddley. Ne percepisci l’influenza?
- Quante protagoniste o coprotagoniste femminili nella narrativa springsteeniana. Prova a ripercorrerle
- Dark lady, femme fatale, vamp: modi diversi per descrivere un certo tipo di donna. Parliamone!
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