Scritta tra il 1970 e l’inizio del 1971 e poi inserita come penultima traccia nel fondamentale album Harvest del 1972, The Needle And The Damage Done è uno dei piccoli gioielli musicali composti da Neil Young, tra i più grandi cantautori di sempre. Celebre per alcuni album di stampo country-folk, in realtà Neil Young ha avuto una clamorosa produzione discografica parallela (quasi una doppia vita musicale, forse unica nella storia del rock), abbracciando anche il sound più distorto, al punto di essere considerato il fondatore, o almeno il pioniere, del genere Grunge, che si svilupperà solo due decenni più tardi. Harvest è considerato la pietra miliare della sua discografia e annoverato tra i migliori album di sempre. Al suo interno The Needle And The Damage Done emerge per la sua straordinaria bellezza, nella quale di Neil Young risaltano contemporaneamente la caratteristica voce acuta e sofferente, la grande tecnica chitarristica e l’eccellente ispirazione lirica, qui ai suoi massimi.
IL SIGNIFICATO DELLA CANZONE
Nonostante il testo di The Needle And The Damage Done sia costruito da quattro semplici terzine di versi, Neil Young riesce a esprimere in poesia il dramma che si vive nel vedere una persona cara buttare via la propria vita nella droga. L’ago a cui fa riferimento il titolo è quello che inietta la sostanza nel braccio e determina il danno irreparabile nella vita dell’uomo. L’ispirazione per The Needle And The Damage Done venne a Neil Young dalla situazione dell’amico Danny Whitten, che era stato tra i fondatori dei Crazy Horse, la mitica band che accompagnò musicalmente Young in buona parte della sua splendida carriera. Danny Whitten era considerato un ottimo musicista e ciò che spinse Neil Young a dedicargli questo gioiello (ma anche il successivo album Tonight’s The Night) fu la triste presa d’atto di come, in quell’epoca di trasgressione e autolesionismo, molti uomini capaci venissero distrutti dall’abuso di droghe.
Il danno è fatto
Neil Young conosceva la droga. Lui stesso, pur soffrendo di una forma di epilessia, ne aveva fatto uso in forma leggera nella seconda metà degli anni ’60. Ma, complici anche le morti di Danny Whitten e del roadie Bruce Berry, se ne era allontanato e anzi sentì il bisogno di scriverne, anche per il forte senso di colpa che provò a lungo per quelle morti. Il testo di The Needle And The Damage Done presenta già dai primi versi il mostro: la dipendenza dalla droga. “Ti ho sorpreso che bussavi alla porta della mia cantina: ‘Ti voglio bene, caro, posso averne ancora un po’?’”. Il danno è già compiuto. L’uomo che perde l’autonomia, l’uomo che perde anche la dignità. Quel “Ti voglio bene, ne posso avere ancora un po’” è emblematico di come si diventi striscianti e opportunisti, pur di soddisfare la propria necessità di droga. La seconda terzina rende esplicita l’ispirazione della canzone: “Sono andato in città e ho perso la mia band, ho visto l’ago prendersi un altro uomo.” Il riferimento a Danny Whitten è inevitabile.
Sangue e droga
La terza terzina di The Needle And The Damage Done è disarmante. Neil Young smuove gli animi. Prima dichiara il motivo stesso della canzone: ama il suo amico, ma ama anche l’umanità in genere e scrive questo testo per denunciare l’autolesionismo verso il quale un’intera generazione di giovani ragazzi e grandi musicisti sta progressivamente scivolando. Poi però Neil Young vira su un’immagine tremenda in un verso sul cui significato ancora oggi si discute: “Spillare sangue per non rimanere a secco”. Un verso tanto nefasto quanto enigmatico che Neil Young sembra dover giustificare nel verso precedente: “So che alcuni di voi non capiscono”. Ci sono due versioni sulla traduzione di quell’ultimo verso della terzina. La prima è che il drogato venda il proprio sangue in cambio di droga. In questo senso emerge il contrasto tra la vita (il sangue) e la morte (la droga). La seconda è che Neil Young faccia riferimento alla tecnica in auge tra gli eroinomani di estrarre dalle vene sangue misto a eroina (il latte del testo) da iniettarsi nel caso in cui rimangano senza droga successivamente. In un senso o nell’altro risulta in modo chiaro l’assurdità alienante e distruttiva della tossicodipendenza.
Giovani vite al tramonto
L’ultima terzina di The Needle And The Damage Done chiude con il messaggio essenziale: “Ogni drogato è come un sole al tramonto”. Il tramonto del sole in letteratura è spesso usato come metafora dell’ultimo scorcio della vita umana. Nella normalità di una vita che arriva alla terza età l’avvicinarsi della morte è vissuto spesso con serenità, al punto che quel periodo dell’esistenza prende i colori vivi e pregnanti di un tramonto. Ma quando la vita ti sfugge in età giovanile, per di più a causa di un atto di autodistruzione, tutto prende un significato diverso. Chi si droga accelera il tramonto del sole. In metafora è come accorciare un giorno assolato (la vita), anticipando le tenebre di un’esistenza che si oscura fino a cessare del tutto. Neil Young fa precedere questa ultima “sentenza” da un altro verso così semplice, eppure così significativo: “Una piccola parte di esso in ognuno”. Nessuno si deve sentire totalmente avulso dalla situazione di un tossicodipendente. Al di là dell’aver avuto propri cari o persone vicine colpite da questa piaga, Neil Young avvertì l’umanità che il problema della droga era dilagante e che avrebbe sbagliato chi non avesse sentito quel problema anche un po’ suo.
QUELLE DITA SULLE CORDE DELLA CHITARRA
Per una canzone cupa e densa di significati come The Needle And The Damage Done Neil Young compose una deliziosa armonia da ballata acustica, la cui partitura di chitarra è diventata, oltre che un piacere per le orecchie di ogni amante del folk e del rock acustico, anche un punto di riferimento per chi approccia alla chitarra. Il cantautore canadese dispone di un’eccellente tecnica sullo strumento. Da un lato tocca in modo più incisivo le corde basse, dall’altro pizzica le corde acute in controtempo. In sostanza costruisce il tema melodico della canzone sulle corde basse, mentre quelle acute hanno una funzione prevalentemente ritmica. E la sua tecnica è talmente sopraffina che si ha l’impressione che siano due le chitarre impegnate nell’esecuzione della canzone. Neil Young opta poi di mantenere una tonalità molto alta, che gli consente di sfruttare al meglio la sua voce acuta e di imprimergli quel senso di sofferenza che tocca in profondità l’animo di chi ascolta.
Curiosità
Singolarmente la versione chitarra e voce pubblicata su Harvest nel 1972 (ossia la versione che tutti conosciamo) non fu registrata in studio, ma dal vivo (lo si percepisce dagli applausi che scrosciano alla fine del pezzo). La sua registrazione fu eseguita nel gennaio del 1971 a Los Angeles. La bellezza di quella registrazione alla sola chitarra convinse Neil Young a non reinciderla in studio durante le registrazioni di Harvest, ma a pubblicare sull’album, uscito un anno dopo, proprio quella registrazione di Los Angeles.
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Una canzone piccola ma intensa e struggente perché si sente che è scritta con il cuore…definirla una “Perla” è del tutto appropriato. Direi che “Perle” sono anche le tue belle recensione. Ho pubblicato proprio oggi la canzone in versione live sul mio canale e mi sono permesso di citarti nella descrizione (ho messo anche un link all’intero articolo). https://www.youtube.com/watch?v=zUSJQ4AuWjg&t=74s
Grazie Corrado, hai fatto benissimo. Magari più avanti penseremo a qualche forma di collaborazione